Tra i rifugiati siriani in Libano, dove ho capito che indignarsi è giusto / 2

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13/12/2015


 
Andiamo nella valle della Bekaa, a Saadnayel. Siamo a est di Beirut, a pochi chilometri dal confine con la Siria

Qui l’UNICEF lavora insieme alla ONG libanese Beyond Association. Beyond lavora in tutto il paese in favore dei rifugiati. Tra una ventina di insediamenti informali ci sono due aree dedicate ai minori e alle loro mamme, gestiti dall'UNICEF e da Beyond.

Qui vengono i bambini dei vari insediamenti, questi spazi per loro rappresentano l’unico momento per poter crescere, l’unico modo per sperare in un futuro diverso.

Prove dello spettacolo natalizio organizzato da UNICEF e Beyond Association - ©UNICEF Italia/2015/Paolo Rozera

Prove dello spettacolo natalizio organizzato da UNICEF e Beyond Association - ©UNICEF Italia/2015/Paolo Rozera


Gli animatori delle varie attività sono reclutati tra gli stessi rifugiati siriani. È incredibile come pur vivendo in contesti difficili trovino la forza, il coraggio e l’entusiasmo di mettersi al servizio del futuro, testimoniando quindi che un futuro diverso è possibile.

Gli spazi sono divisi in base alle attività. Prevalentemente si fa sostegno psicologico e sociale per i ragazzi. Riad, il responsabile di zona di Beyond Association ci accompagna con orgoglio a visitare le diverse situazioni. 

Nel cortile due animatori stanno guidando dei giochi per far sì che i bambini imparino a conoscersi tra loro a partire dai nomi. Sembra un’attività banale ma è indispensabile, se si vuole costruire il futuro. Vengono da diverse città: alcune controllate dall'ISIS, altre dal governo siriano e altre dai ribelli che si oppongono al governo siriano.

I bambini portano con sé un enorme carico di diffidenza, che mina le loro capacità di fare gruppo, di condividere, di costruire amicizie.

In una tenda c’è un gruppo di bambini di età prescolare, in un altro spazio si fa educazione musicale. Che potere ha la musica! Potere di far uscire fuori dai loro cuori tutta la sofferenza che si portano dentro, potere di abbattere i muri, potere di far emergere le attitudini di ognuno.

In un’altra tenda c’è l'ufficio stampa, gestito da una decina di ragazzi tra i 9 e i 13 anni. Gli operatori di Beyond e UNICEF hanno individuato tra i vari insediamenti informali della zona i ragazzi più interessati al giornalismo. 

Ora questi ragazzi raccolgono le varie notizie e fanno un piccolo notiziario interno mettendo in risalto i temi da loro ritenuti più importanti. All'inizio questa attività è stata accolta con molta diffidenza dagli adulti ma ora sono rispettati da tutti. Una ragazza di 11 anni ha fatto da qui la corrispondente della BBC per una settimana!

Qui incontro Shaima che ci tiene molto a recitare una poesia da lei scritta. La traduzione è questa:

Siamo diventati dei numeri.
Avevo una bella casa in una bella città, avevamo giardini, fiori in molte case.
Io ero come una principessa.
Avevo una strada e un indirizzo e ora sono diventata solo un numero nelle Nazioni Unite.
Mi hanno preso tutto e mi hanno dato solo un numero.
Cosa posso fare? Non ho nessun diritto, non ho niente senza un numero. Dov'è la mia infanzia?
Nazioni Unite, Nazioni Unite, ridatemi il mio paese, ridatemi indietro l’anima del mio paese e io vi ridarò indietro il mio numero. Io rivoglio la mia identità.

Le parole di Shaima tolgono il fiato, ti strizzano il cuore e spazzano via ogni dubbio: dobbiamo indignarci per questo e fare di tutto per permettere a Shaima e i suoi coetanei di avere un futuro diverso.

In ogni ambiente che visitiamo si rivede sempre in arabo e in inglese la parole “speranza”. Mi spiegano i nostri operatori UNICEF che è indispensabile non perdere la speranza, ma sostenerla con attività concrete e aiutando questi ragazzi, perché saranno loro il futuro di una nuova Siria in pace.

Ancora una volta, partecipiamo a un momento di formazione rivolto alle donne siriane, come già ieri, per aiutarle a reagire agli abusi degli uomini e per parlare di matrimoni precoci.

Ovviamente non posso partecipare: a malincuore ma per rispetto, accetto l’esclusione. In Siria già c’era la tradizione di far sposare molto presto le figlie tra i 16 e i 18 anni.

La guerra ha peggiorato tutto, l’insicurezza e la povertà hanno portato a questi matrimoni contratti tra i 13 e i 16 anni di età. Questa formazione è molto complessa ma importante, ci vuole molto rispetto per le tradizioni di un popolo ma è determinante far capire i danni di una pratica come quella delle spose bambine. Pensate che oggi, nel mondo, sono circa 700 milioni le donne che si sono sposate in età  minorile!

©UNICEF Italia/2015/Paolo Rozera

©UNICEF Italia/2015/Paolo Rozera


A un certo punto Riad ci chiama. Un bambino di 8 mesi, Hassan, ha la febbre alta. In pochi secondi contatta l’unità medica mobile. In Libano, grazie alla collaborazione tra UNICEF, Beyond Association e Ministero della sanità pubblica, ci sono team sanitari mobili che sono al servizio degli insediamenti informali.

In questo modo tutti i bambini sono stati vaccinati contro morbillo e pertosse, e si evitano epidemie e diffusione di infezioni. Nel giro di dieci minuti arrivano due macchine, da cui scendono due medici e due infermiere.

Li accompagniamo a visitare Hassan. Dopo pochi minuti, con nostro grande sollievo, ci dicono che è solo febbre, e che con una cura di paracetamolo e antibiotico tutto passerà presto. 

Il medico parla con la mamma chiedendole qualcosa, parlando in arabo. La donna entra nella sua stanza e ne esce con un cartoncino con un codice a barre. Il medico con il suo palmare legge il codice e in un attimo viene a conoscere tutta la storia sanitaria di Hassan, incluse le vaccinazioni ed eventuali malattie precedenti.

Resto esterrefatto: l’innovazione al servizio dei più deboli ed emarginati! Mi spiegano che con questo sistema si abbattono i costi e i tempi dell'anamnesi. In Italia, noi non abbiamo ancora un sistema come questo...

Il tempo di una foto tutti insieme e l’unità mobile riparte per un’altra chiamata. Sono sempre più orgoglioso di come l’UNICEF cerchi sempre i mezzi migliori e meno dispendiosi per aiutare i bambini! L’innovazione è un elemento fondamentale negli interventi dell’UNICEF.

Nella seconda area incontro un gruppo di ragazzi e ragazze tra i 16 e i 18 che stanno effettuando un corso di formazione su competenze che li possono aiutare nella loro vita qui nell'insediamento ma anche in futuro: condivisione, rispetto di se stessi e degli altri, conoscenza delle diverse culture.

Sono momenti molto interessanti di confronto che li aiutano a crescere. Ovviamente mi mettono in difficoltà, perché nei loro confronti mi sento responsabile. La mia indignazione è poca cosa, mi sento piccolo piccolo e mi metto in ascolto. Questo stato d’animo mi aiuta a entrare in sintonia con loro, non hanno nulla di diverso dai nostri adolescenti se non essere nati in un paese che negli ultimi anni è sconvolto da una guerra che loro non hanno voluto. 

Vogliono tutti rientrare in Siria, vogliono tutti la pace.

L’istruzione è fondamentale per il futuro dei bambini siriani rifugiati. Quelli in età prescolare seguono alcuni percorsi educativi che gli permetteranno di frequentare le scuole elementari libanesi. Questo è stato possibile perché, grazie all'UNICEF, anche i bambini delle famiglie meno abbienti libanesi sono stati coinvolti nel progetto, e anche loro riescono ora a frequentare la scuola primaria.

Una delle numerose attività dell'UNICEF per i bambini siriani rifugiati in Libano è la fornitura di materiali didattici per consentire la prosecuzione degli studi elementari anche in condizioni estreme come quella dei campi profughi - ©UNICEF Italia/2015/Paolo Rozera

Una delle numerose attività dell'UNICEF per i bambini siriani rifugiati in Libano è la fornitura di materiali didattici per consentire la prosecuzione degli studi elementari anche in condizioni estreme come quella dei campi profughi - ©UNICEF Italia/2015/Paolo Rozera

Per i rifugiati siriani in età da scuola media inferiore e superiore, tuttavia, l'accesso alle scuole libanesi non è ancora possibile. L’UNICEF sta facendo un lavoro quotidiano di dialogo con il governo per trovare un accordo anche per loro. Servono ovviamente fondi, anche per questo.

Per ultima incontriamo nella sua baracca Aisha. Ha 40 anni e 5 figli. Suo marito è morto due anni fa in Siria, vittima indiretta della guerra perché è stato colpito da un tumore ma è riuscito a compiere solo 3 dei 12 cicli di cure a cui doveva sottoporsi. 

Aisha non ne può più. Ci mostra la sua baracca: due stanze, una cucina e un bagno. Ci sono i topi, c’è sempre il rischio di malattie. Soprattutto c’è un nemico implacabile che sta arrivando: il freddo. Ci racconta che il tetto, un misto di legno, lamiere sconnesse e teli di plastica, si piega sotto il peso della neve e l’acqua entra, gelida e incurante delle loro sofferenze.

Nonostante questo, la sua baracca internamente si presenta come tutto il popolo siriano: fiero, orgoglioso e con grande dignità. Ma l’acqua e il freddo non se ne cureranno. Aisha ci chiede aiuto per l’inverno, servono coperte, e teli impermeabili per proteggere il tetto.

Maria, una delle coordinatrici di Beyond Association, ci spiega che hanno organizzato una squadra di 30 ragazzi che quando nevica va in giro per i vari insediamenti a spalare i tetti. Ma non riescono a servire tutte le baracche.

Proprio le parole di Aisha mi fanno tornare in mente che molti dei ragazzi e dei bambini che ho incontrato portano già ora i guanti e i cappelli di lana. Come faranno quando le temperature scenderanno sotto lo zero?

I nostri operatori mi spiegano che servono coperte e indumenti adatti. Promettiamo di darci da fare, contatto i miei colleghi in Italia. Mi assicurano che nell'appello che invieranno via email ai nostri donatori inseriranno la richiesta specifica di donazioni destinate all'acquisto di questi indumenti. Non c’è tempo da perdere!

La visita volge alla fine. Salutiamo tutti con un groppo in gola: la disperazione è balorda, quando la tocchi con mano non ti molla facilmente e mette in discussione tutte le tue certezze di operatore umanitario. Ma la forza ce la danno i ragazzi che ci salutano, la gioia che riescono a trovare tra le loro baracche, negli spazi creati dall'UNICEF e dai suoi partner e diventano per noi un alimento indispensabile per trovare la forza di reagire.

Vi ho già scritto dell’importanza di indignarsi, di smuovere le nostre coscienze in Italia e darci da fare il più possibile per migliorare le condizioni dei rifugiati siriani in Libano e nelle altre parti del mondo sconvolte da guerre e povertà.

Se vogliamo avere un futuro non abbiamo alternative: il nostro futuro ci sarà se anche Shaima, Hassan, Mohammed, Mustafà e tutti gli altri avranno un futuro degno di questo nome.

Ce la possiamo fare! L’ultima immagine di questo viaggio me l’ha concessa Alì di circa 5 anni. Mentre andiamo via mi guarda con intensità, con una curiosità quasi severa, sono secondi interminabili, i suoi occhi sono perforanti, sto per cedere e sembra che lui se ne accorga. Improvvisamente mi regala un magnifico sorriso, lo prendo come un atto di fiducia, una fiducia a tempo, una fiducia che non posso tradire.

Auguro a tutti voi una indignazione degna di questo nome!


2 - Fine

(Paolo Rozera)

13/12/2015

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