Un futuro migliore per i bambini di strada del Bangladesh. La storia di Imran

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21/12/2010

Imran ha un’espressione che sembra un sorriso, ma quando lo guardi non sei sicura che stia sorridendo. Provi a fargli qualche domanda perché vorresti cercare di stabilire un contatto con lui, ma non riesce a guardarti negli occhi, anche se i suoi occhi hanno una profondità che forse in nessun altro individuo ho mai visto.

Quella profondità nasconde una lunga storia, una storia però sconosciuta, a noi, ma anche a lui. Imran è il nome che lo staff del Drop in Centre (Centro per bambini di strada) gli ha dato da quando, due anni fa, lo ha trovato al porto di Dhaka, tutto impegnato a scaricare frutta dalle barche che tutte le mattine all’alba arrivano dalle zone rurali per il commercio.

Il Peer Educator, un ex bambino di strada che ora fa parte dello staff del Centro, ha cercato di parlargli ma solo dopo vari tentativi è riuscito a comunicare con lui: il bambino sembrava chiuso in un suo mondo, sembrava che facesse dei movimenti automatici ma che non riuscisse a rispondere.

Il Peer Educator andava regolarmente a parlare con lui proponendogli la possibilità di frequentare per qualche ora della giornata, alla fine del suo lavoro, un corso che gli permettesse in futuro di tornare a scuola o comunque di trovare un lavoro migliore (corsi di educazione non formale finanziati dall'UNICEF Italia).

Solo dopo un mese Imran ha deciso di provare ed ha cominciato a frequentare l’Open Air School. Imran continuava però a dormire in strada e questo lo poneva a rischio di abusi e violenze quotidianamente.

Dopo sei mesi Imran ha accettato di venire a vivere nel Centro, un luogo dove i bambini di strada possono avere accesso non solo all’istruzione, diritto di ogni bambino, ma anche a visite sanitarie, tre pasti caldi al giorno, una stanza per dormire al riparo dai pericoli della vita in strada, un armadietto dove conservare le proprie cose, un supporto psicosociale.

Imran non si ricorda chi siano i suoi genitori, non si ricorda come sia arrivato a Dhaka e non si ricorda nemmeno il suo nome. Sono due anni che Imran vive nel Centro e grazie all’aiuto degli assistenti sociali è riuscito a finire il suo corso di istruzione non formale, ha superato gli esami e ora frequenta regolarmente la scuola pubblica.

Speriamo che con il tempo e con un supporto psicologico adeguato, Imran riesca a ricordare il suo vero nome e a ritrovare la sua famiglia o a reintegrarsi pienamente nella società, per un futuro migliore.

Queste è solo un esempio delle svariate situazioni in cui si trovano le migliaia di bambini del Bangladesh che vivono in strada.

Sono in Bangladesh da due mesi, grazie ad un progetto dell'UNICEF Italia per giovani volontari. Lavoro anell'ufficio di Dhaka, nella sezione della Protezione dell'infanzia e, in qualità di Psicologa esperta di salute mentale, devo valutare e se necessario rafforzare il supporto psicosociale dato ai bambini di strada dai Drop in Centres dalle Ong locali (Progetto per i bambini a rischio, in collaborazione con il Governo del Bangladesh/Dipartimento delle Politiche Sociali), partner di UNICEF Bangladesh e finanziati in parte dall'UNICEF Italia.

Il contesto in cui vivono i bambini di strada è terribile, sono quotidianamente a rischio di cadere vittime di violenza, abuso sessuale, traffico, sfruttamento

È necessario che in questi centri i bambini vengano aiutati a ricongiungersi alle famiglie o a reintegrarsi alla società attraverso programmi di supporto psicosociale che consentano ai bambini di difendersi dai pericoli della vita di strada. In questo il supporto psicologico è di vitale importanza.

21/12/2010

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