Uno sguardo sul Bangladesh

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04/06/2011

La scelta di visitare il Bangladesh dove l’UNICEF è fortemente impegnato nel settore della protezione dei bambini da ogni forma di sfruttamento e di discriminazione ha perciò un nesso con il suo impegno di personaggio famoso che si batte per un diritto negato

Questo è il paese dove, pur registrando significativi progressi (più del 6% di crescita del PIL, miglioramenti nel settore agricolo e manifatturiero, una maggiore attenzione sia in termini legislativi che finanziari verso l’infanzia) l’ingiustizia sociale è palpabile e dove continuano a esistere milioni di persone escluse dal progresso, i più poveri tra i poveri.

Gli indicatori parlano chiaro: l’84% della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno; 5 milioni di bambini sono costretti a lavorare, 300.000 bambini vivono nelle strade, continui disastri naturali come i tifoni del 2007 e del 2009 aumentano la vulnerabilità dei più piccoli, che restano orfani o esposti a rischi di abuso e sfruttamento, migrazione e traffico.

E sono dati in difetto perché, come l’UNICEF denuncia, nessuno conosce il reale numero delle bambine costrette a vivere a servizio di altre famiglie, cenerentole del XXI secolo, nascoste nelle case e delle quali si intuisce il destino di sfruttamento e di abuso.

 

Verso il golfo del Bengala

Dopo un lungo viaggio in macchina verso Khulna. capoluogo dell’omonimo distretto, a 350 km a sud ovest di Dacca, facciamo conoscenza con i responsabili, molti dei quali giovani e adolescenti, dell’Ong Rupantar partner dell’UNICEF in questa regione.

I ragazzi hanno istituito una sorta di task force sui diritti dei bambini che prevede in ogni distretto del paese un suo rappresentante. Pur disponendo di pochissimi mezzi, questi ragazzi svolgono una funzione di controllo sulla reale applicazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che il Bangladesh ha ratificato nel 1990.

Non bastano infatti le leggi a modificare la realtà di un paese; il ruolo della società civile è fondamentale perché solo il coinvolgimento diretto della comunità e la sua assunzione in prima persona della responsabilità dei propri bambini sono garanzia di un reale cambiamento.

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04/06/2011

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