Un cielo nuvoloso ma senza pioggia (storia)

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16/08/2011

Speranze e timori di una madre nel Kenya colpito dalla siccità. Di Manuel Moreno, UNICEF Kenya

Quando i cieli si oscurano a causa di una coltre grigia di nuvole spesse e il vento soffia forte, in qualsiasi parte del mondo ci si aspetterebbe la pioggia.

Ovunque tranne a Dadaab, l'area dei campi profughi del Kenya al confine con la Somalia, dove ci sono poche possibilità di precipitazione nonostante il cielo grigio. Questo a causa della siccità che ha colpito la regione dell'Africa orientale.

La pioggia sarebbe un vero sollievo per Ibdio. La sua vita era già difficile anche prima di migrare a Dadaab.

Ha avuto il suo primo figlio, Faisal, all'età di 11anni ; ora, che di anni ne ha 25, è una vecchia madre sola con tre figli.
Ibdio e la sua famiglia hanno trovato rifugio nell' area di Dagahaley, a Dadaab, una decina di giorni fa e, come il resto delle circa 1.300 persone che arrivano qui ogni giorno, hanno dovuto cercarsi uno spazio nel campo già sovraffolato.

Le tre aree che compongono il campo di Dadaab - Dagahaley, Ifo e Hagadera - sono state originariamente progettate, in seguito alla guerra civile somala del 1992, per ospitare 90.000 persone. Oggi circa 400.000 sfollati vivono qui, così Dadaab è diventato il più grande complesso di rifugiati al mondo, ed è ancora in crescita.

La famiglia di Ibdio ha lasciato Dinsor (regione del Basso Juba devastata dalla guerra in Somalia) a causa della fame e della paura. La loro storia non è diversa da quella dei 40.000 rifugiati che sono arrivati a Dadaab dall'inizio del mese di giugno.

Ibdio e i suoi 3 piccoli figli hanno impiegato 15 giorni per raggiungere Dadaab, il viaggio è stato duro e pericoloso. «È la speranza che ci ha dato la forza di lasciare casa, e di resistere ... ma ora che siamo qui non sappiamo cosa fare. Non c'è niente per noi», dice la giovane madre

Il marito di Ibdio ha abbandonato lei e la sua famiglia una settimana prima della partenza portando con sé le uniche due mucche ancora vive, "è impazzito a causa della siccità che stava uccidendo tutti i nostri animali", così racconta Ibdio.

Ibdio, insieme a sua madre e ai tre figli, ha viaggiato in auto per i primi 120 chilometri dovendo poi proseguire a piedi per 5 giorni quando questa si è rotta. Lungo la strada ha visto troppe persone seppellire i propri figli o i propri genitori, provando così per tutto il viaggio un' indescrivibile paura di perdere i suoi cari.

«Dopo il pezzo di strada percorso a piedi, un camion ci ha portato a Dhobley (città di confine con il Kenya). Lì, al confine, abbiamo dovuto abbandonare tutte le nostre cose.", spiega la giovane mamma "Ora non abbiamo niente

La famiglia sopravvive grazie alle provviste fornite dall' UNICEF e dalle altre agenzie presenti nel campo. «Stiamo sopravvivendo con il cibo che ci è stato offerto: mais giallo, olio e farina di frumento. Ma è finito quasi tutto. Le notti sono spaventose. C'è il rischio di essere aggrediti da malintenzionati che circolano di notte e da animali selvatici.»

Garantire servizi salvavita per i bambini

La famiglia di Ibdio è solo una delle tante che l'UNICEF sta cercando di aiutare, non solo a Dadaab ma in tutto il Corno d'Africa.

L'UNICEF ha aumentato ancora le forniture di cibo terapeutico pronto per l'uso da consegnare agli ospedali e ai centri di nutrizione nei campi di Dadaab e nelle comunità di accoglienza circostanti, per curare i tanti bambini che arrivano e sono affetti da malnutrizione acuta.

Per permettere l'accesso all'acqua potabile lungo le vie percorse dai rifugiati in cammino, l'UNICEF ne sostiene anche l'erogazione da camion.

Sono stati distribuiti ai migranti finora circa 20.000 litri di acqua. Questo ha permesso alle famiglie di accedervi a intervalli regolari e ha migliorato la situazione nelle comunità di accoglienza grazie all' organizzazione dei punti di distribuzione dell'acqua.

Nei campi, l'UNICEF sta lavorando con altre organizzazioni per la distribuzione di taniche d'acqua e si impegna nella promozione dell'igiene e nella fornitura di sapone al fine di ridurre la sempre presente minaccia di epidemie.

Già a 70.000 bambini sono state somministrate la vaccinazione antipolio e quella contro il morbillo.

Questa non è una crisi passeggera. E' necessaria una risposta all'emergenza immediata ed efficace ma anche una progettazione a lungo termine.

L'UNICEF per questo ha in programma di costruire 146 nuovi centri di apprendimento e diverse aule nei campi per accogliere i piccoli rifugiati appena arrivati e ridurre la congestione delle scuole già attive. Questi centri saranno situati nelle periferie dei campi per accogliere i rifugiati appena arrivati.

Infine, l' UNICEF sta lavorando insieme alle altre agenzie presenti a Dadaab per organizzare ed aggiornare reti di comunicazione che informino i rifugiati e le comunità ospitanti riguardo ai servizi a disposizione, siano essi inerenti l'istruzione, la salute o la protezione.

Questa combinazione di servizi è solo una parte della grande operazione che cerca di fornire un futuro agli oltre 2 milioni di bambini colpiti dalla siccità in tutto il Corno d'Africa.

Con ogni vita salvata, e ogni bambino protetto, alcune delle speranza che le madri come Ibdio nutrono per i loro figli posso essere, almeno in parte, esaudite.

16/08/2011

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