AIDS: dal 2000 raddoppiate le morti tra i giovani tra i 15 e i 19 anni

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17/07/2016

18 luglio 2016  – Per l’UNICEF un numero allarmante di adolescenti sta morendo per AIDS. «Dopo tutte le vite salvate grazie a prevenzione, cure e trattamenti, dopo tutte le battaglie vinte contro il pregiudizio e l’ignoranza verso questa malattia, dopo tutti i grandi traguardi raggiunti, a livello globale l’AIDS è ancora la seconda causa di morte per tutte le persone tra i 10 e i 19 anni e la prima in Africa» afferma Anthony Lake, Direttore dell’UNICEF.

Dal 2000 a oggi Il numero di decessi di adolescenti tra i 15 e i 19 anni collegati all'AIDS è più che raddoppiato. A livello globale, nel 2015, ci sono stati in media ogni ora 29 nuovi contagi tra giovani in questa fascia di età. 

Anche se i tassi di nuovi contagi tra gli adolescenti si sono stabilizzate, l’UNICEF teme che possano tornare ad aumentare nei prossimi anni, il che significherebbe un incremento generale del numero di contagi.

 

La paura di conoscere il proprio status

Le ragazze sono particolarmente vulnerabili, rappresentando a livello globale il 65% di nuovi contagi tra gli adolescenti. In Africa subsahariana, in cui si trova il 70% delle persone che nel mondo vivono con HIV, 3 su 5 dei nuovi contagiati tra gli adolescenti nel 2015 sono state ragazze.

La paura di effettuare il test sull'HIV tiene molti adolescenti all'oscuro del proprio status. Tra gli adolescenti, solo il 13% delle ragazze e il 9% dei ragazzi l’anno scorso hanno fatto il test. 

Una nuova indagine condotta su U-report, uno strumento di rilevazione dell’UNICEF basato sull'uso degli smartphone, mostra che circa il 68% dei 52.000 giovani a cui è stato somministrato il questionario in 16 Stati hanno affermato di non voler fare il test perché spaventati dall'ipotesi di avere un risultato positivo e dallo stigma sociale che ne deriverebbe.

 

Straordinari successi nella lotta all'AIDS pediatrico

Dal 2000 sono invece diminuite drasticamente (-70%) le nuove infezioni tra i bambini dovute alla trasmissione madre-figlio alla nascita o durante l’allattamento.

L’UNICEF continua a chiedere di predisporre nuovi farmaci per eliminare del tutto questa possibilità di contagio. 

In questo dato è compresa anche l’Africa Subsahariana, la regione con il più elevato tasso di incidenza e mortalità dell'HIV/AIDS.

A livello globale, negli ultimi 15 anni, il programma per prevenire la trasmissione madre-figlio del virus ha evitato circa 1,6 milioni di nuovi contagi da HIV tra i bambini, mentre attraverso la distribuzione di farmaci anti-retrovirali sono state salvate le vite di 8,8 milioni di persone.

Alla vigilia della 21° Conferenza Internazionale sull’AIDS che avrà luogo a Durban questa settimana, l’UNICEF ricorda che nonostante i grandi progressi realizzati nell’affrontare la pandemia dell’HIV/AIDS, c’è ancora tanto lavoro da svolgere per proteggere i bambini e gli adolescenti dall’infezione, dalle malattie e dalla morte.

A seguito di una visita presso il Prince Mshiyeni Memorial Hospital nella provincia di Kwa Zulu Natal, in Sudafrica, Lake ha ribadito che sono necessarie politiche innovative per raggiungere i bambini che sono ancora lasciati indietro.

Nel 2015, metà delle nuove infezioni di bambini e giovani tra 0 e 14 anni è avvenuta in solo 6 Stati: Nigeria, India, Kenya, Mozambico, Tanzania e Sudafrica.

«I progressi fatti negli ultimi 30 anni non significano che la nostra lotta sia terminata» prosegue Lake. «La battaglia contro l’AIDS non sarà terminata fino a quando non rinnoveremo gli impegni per la prevenzione e le cure, non raggiungeremo tutti i giovani che non possono ricevere i benefici a cui milioni di persone prima di loro hanno avuto accesso, lo stigma sociale e la paura non saranno stati eliminati affinché molti più giovani vorranno finalmente sottoporsi al test.»

17/07/2016

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