Uguaglianza di diritti

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22/02/2012

L’acquisizione e il riconoscimento dell’uguaglianza dei diritti, l’eliminazione delle discriminazioni e la garanzia che tutti possano goderne è un assunto che affonda le proprie radici nei principi di universalità e indivisibilità dei diritti umani sanciti nei trattati universalmente riconosciuti dagli Stati, in primis dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC) che l’Italia ha ratificato e che al momento è il trattato maggiormente ratificato al mondo.
 
Alcune categorie di bambini e adolescenti, come quelli di origine straniera, si trovano a dover affrontare sfide – educative, sociali, economiche – spesso maggiori rispetto ai loro coetanei cittadini italiani, con la conseguenza che il loro benessere risulta compromesso in molti ambiti tra cui quello sanitario, educativo, della sicurezza economica e abitativa nonché delle future opportunità professionali e lavorative.
 
Lo studio “Bambini di famiglie immigrate in otto paesi ricchi” del Centro di Ricerca Innocenti dell’UNICEF evidenzia che le condizioni di vita e le caratteristiche socio-economiche dei bambini di famiglie immigrate in Italia (i quali sono la maggioranza dei minorenni stranieri presenti nel Paese), sono tutt’altro che omogenee.
 
La provenienza da un Paese ad alto o a medio reddito è un importante fattore di differenziazione così come la regione di origine. La grande varietà dei Paesi di origine rappresenta un’ulteriore sfida nel processo di inserimento e di integrazione, in particolare nel sistema scolastico. Questo contesto, aggravato dalla conseguenze sociali della crisi economica, ha favorito comportamenti nonché linguaggi che sempre più spesso finiscono per sfociare in episodi di aperto razzismo nei confronti del “diverso” e del “più vulnerabile” e che col tempo rischiano di radicarsi come “naturali” nella coscienza collettiva.
 
Thomas Hammarberg, Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, contestualmente al lancio del Rapporto che ha preparato dopo la visita effettuata in Italia a maggio 2011 per verificare le condizioni della minoranza Rom e dei migranti provenienti dal Nord Africa, ha dichiarato che “L’Italia deve rispettare di più i diritti umani di Rom e migranti”. Hammarberg si è dichiarato particolarmente preoccupato del linguaggio razzista e xenofobo utilizzato nel linguaggio pubblico, che a suo dire, richiederebbe l’adozione d’iniziative di autoregolamentazione e una decisa applicazione della normativa antidiscriminazione. Il consolidarsi di comportamenti discriminatori nei confronti di bambini e adolescenti di origine straniera, presenti a vario titolo sul territorio nazionale, sta favorendo di fatto un grave rischio di esclusione sociale per tutti questi soggetti.
 
La situazione è poi paradossale per le seconde generazioni, ovvero i figli nati e/o cresciuti in Italia da genitori immigrati, i quali hanno sviluppato un senso di appartenenza nei confronti del Paese in cui sono nati e/o cresciuti (per averci vissuto, studiato, lavorato, ecc.) e hanno diritto a che questa loro condizione sia disciplinata in maniera apposita affinché questo sentimento di appartenenza sia riconosciuto e tradotto in diritti giuridicamente esigibili.
 
L’accesso alla cittadinanza dei bambini nati e/o cresciuti nel Paese in cui i genitori sono emigrati è cruciale per la loro integrazione. Se il Paese di nascita non è in grado di garantire procedure adeguate all’ottenimento della cittadinanza si corre il rischio non solo che bambini e ragazzi di origine straniera si sentano perennemente stranieri, ma anche che trovino ostacoli burocratici che impediscono loro di godere delle stesse opportunità dei loro coetanei cittadini italiani.

22/02/2012

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