Scuola di successo in Indonesia

5 minuti di lettura

21/12/2010

L'autrice di questa storia dal campo, Alessandra Ficarra, sta partecipando a un programma di volontariato della durata di sei mesi in Indonesia. Collabora con l'UNICEF Indonesia nel settore emergenza, prevenzione ed educazione sull'HIV/AIDS.

Scuola elementare Kalitidu I, Distretto di Bojonegoro, 11 Dicembre 2010.

«Sai cos’è successo l’altro giorno? Io e mio marito dovevamo andare in città la mattina, così abbiamo chiesto alla maestra il permesso di far uscire nostra figlia prima da scuola, ma lei non voleva venirsene!» Racconta Ibu (signora, in indonesiano) Yasin, mamma di Alifia, 7 anni, sorridendo e indicando sua figlia.

Alifia è lì, da qualche parte, nel cortile della scuola, ma è difficile distinguerla, visto che è immersa in una folla colorata e danzante di studenti.

Sono le sette in punto di mattina, e come tutte le mattine, dal lunedì al sabato, i bambini della scuola elementare Kalitidu I si riuniscono in cortile per il “riscaldamento” prima di iniziare le lezioni. Indossano uniformi di diverso tipo e colore: camicie batik (la stoffa tradizionale indonesiana) bianco-viola o verde-viola, gonne rosse, pantaloncini marroni, e tute azzurre per i piú piccoli.

È stata un’idea dei genitori ed insegnanti dell’anno precedente: uniformi differenti per poter comunicare la bellezza della diversità e per poter allontanare la monotonia.

Un’uniforme batik e colorata, tuttavia, non è l’unica idea realizzata dai genitori: «di tanto in tanto, aiutiamo gli insegnanti durante le lezioni, e stiamo anche cercando di mettere su una piccola cooperativa, per raccogliere un po’ di fondi e sostenere le spese scolastiche», spiega Ibu Yasin, che è anche la rappresentante dell’associazione dei genitori della classe di primo grado.

«Nessuno mi ha chiesto di farlo. Semplicemente, volevo partecipare a quelle che erano le attività scolastiche: la mia figlia più grande si è diplomata senza il mio sostegno, ma questa volta vorrei accompagnare almeno la più piccola nel suo percorso scolastico» continua Ibu Yasin.
 

Negli ultimi due anni in effetti, qualcosa è visibilmente cambiato nel modo in cui i genitori si avvicinano alla scuola. Pak (signore, indonesiano) Sutjahjo, preside da molti anni, ha potuto notare il cambiamento con i suoi stessi occhi.

«In passato, i genitori erano restii a partecipare alle attività scolastiche: contavano solo sugli insegnanti per l’educazione dei loro figli! Ma poi, dopo che le attività si sono orienatate verso il programma CLCC, hanno subito voluto essere coinvolti. Sono diventati, come posso dire, delle vere e proprie “risorse”!»

La “community participation”, infatti, è uno dei tre pilastri del programma Creating Learning Communities for Children, che ha come obiettivo il miglioramento della qualità dell’istruzione, insieme anche ad un management scolastico organizzato e trasparente, e il cosiddetto AJEL (active, joyful and effective learning), ossia “imparare in maniera attiva, gioiosa ed effettiva”.

«Sebbene questa scuola sia in zona rurale, quindi molto lontana dal centro cittadino, grazie al supporto di UNICEF e di ExxonMobil, abbiamo comunque raggiunto dei buoni risultati!» sostiene con orgoglio Pak Sutjahjo.

Gli studenti, poi, non solo i soli a riscaldarsi in cortile: insieme a loro, gli insegnanti stanno ascoltando la stessa musica e ballando la stessa coreografia. Sembra un unico gruppo di amici, che si gode il sole del mattino...

«Questo scenario era impossibile da vedere qualche anno fa» ammette Ibu Sundari, maestra in questa scuola dal 2005:

«Gli insegnati erano molto autoritari e si sentivano i più intelligenti, mentre i bambini potevano solo ascoltarli e imparare a memoria, senza davvero poter partecipare, ma adesso, sappiamo che possiamo imparare anche noi dai bambini stessi, e stiamo cercando di motivare la loro curiosità, la loro creatività. Gli studenti ora sono molto più indipendenti, non hanno paura di alzare la mano e fare domande, si sentono liberi.»

La musica si ferma, e lascia il posto ad un altro singolare scenario: dopo essersi tolti le scarpe, alcuni studenti corrono nelle loro classi, altri, invece, rimangono nel cortile, per la lezione di educazione fisica.

Nel frattempo, gli studenti più grandi si siedono sul pavimento difronte alle loro classi, divisi in piccoli gruppi. Qualcuno di loro sta misurando e tagliando attentamente una stoffa bianca di cotone, altri stanno arrotolando fogli di giornale:  stanno facendo una di quelle attività extrascolastiche che possono davvero fare le differenza in una scuola: creare decorazioni batik.

Tra di loro c’è anche Rika, 11 anni. È concentrata a tracciare con la matita una linea dritta sulla stoffa di cotone, aiutandosi con un righello. Le piacciono molto queste attività creative, così come quelle Scout del venerdì; anche se, ammette, è la matematica la sua passione: «la matematica è unica» dice, con sicurezza «...e quest’anno voglio partecipare alle olimpiadi scientifiche!».

Nel frattempo, Imam, 11 anni, sta cercando di disegnare  lo stesso motivo batik della sua uniforme sulla stoffa bianca, che dice essere «il disegno del batik tipico di Bojonegoro! Lo puoi trovare solo qui!»

Improvvisamente, gli studenti più piccoli lasciano le classi e si precipitano in cortile: nelle mani hanno aeroplanini di carta colorata, che hanno appena imparato a fare a lezione, e cercano di farli volare insieme con la loro maestra.

Creatività nel fare, spontaneità nell’insegnare e collaborazione tra direttori, insegnanti e genitori, sono gli ingredienti di questa ricetta di successo per un cambiamento che può contribuire positivamente al processo educativo.

Per quanto un ulteriore miglioramento sia sempre possibile, i risultati ottenuti fino ad ora, grazie anche ad ExxonMobil ed UNICEF, sono comunque molto positivi: secondo  Ibu Helmi Elizabeth, del Local Planning Board: «questa scuola sarà un vero e propio modello da seguire per tutte le altre scuole.»

21/12/2010

News ed Aggiornamenti