Se la giovane Siria perde la speranza

2 minuti di lettura

20/09/2015

Lucio Melandri, esperto di politica internazionale e affari umanitari, ha lavorato in alcuni dei paesi più difficili e rischiosi del pianeta. All'UNICEF dal 2009, è attualmente responsabile per i programmi di emergenza della nostra organizzazione in Giordania, dove coordina gli interventi umanitari per le centinaia di migliaia di rifugiati siriani presenti nel paese.

Questo breve testo è stato estratto dalla sua recente intervista alla trasmissione "La Radio ne parla" di Radio Rai Uno.


***

14 settembre 2015 - «Chi è il nemico? Il problema è che ci sono fin troppi nemici, in Siria. E ci sono troppe persone coinvolte in questo conflitto. 

Purtroppo molte di loro sono bambini, e noi preferiamo che questi bambini fuggano piuttosto che essere reclutati da gruppi armati e terroristici, o seviziati nella loro adolescenza.

Vorrei dare due messaggi fondamentali, a nome di UNICEF. Il primo è la necessità di continuare a sostenere questa popolazione. 

Non è un caso che molti di questi rifugiati abbiano cominciato a muoversi verso l'Europa quando il Programma Alimentare Mondiale ha dovuto sospendere l'assistenza alimentare alla popolazione rifugiata in questi paesi.

Purtroppo oggi solo una piccola parte di rifugiati sono raggiunti da questo programma, e tutti gli altri - quelli che non hanno la possibilità di lavorare da un punto di vista legale - rimangono in balia degli eventi.

Il secondo punto riguarda un obbligo legale. L'Italia, la Francia, la Germania, l'Europa tutta - sono vincolate da Convenzioni internazionali sullo status dei rifugiati e dei minori, come la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia. Ma c'è anche un obbligo morale. Noi stiamo perdendo un'intera generazione, in Siria. 

Milioni di bambini che se non vengono accolti anche in Europa, per un periodo temporaneo - perché i Siriani vogliono tornare in Siria, non fuggono per motivi economici; non sono terroristi, fuggono dal terrorismo - ci troveremo un Medio Oriente nel mezzo del Mediterraneo per i prossimi 50, 70 o 80 anni, nelle mani del terrorismo e di giovani che non hanno intravisto nessun altro futuro.»

Ascolta l'intera trasmissione dal podcast di Radio Rai 1  >>

20/09/2015

News ed Aggiornamenti