Diritti dei bambini in Italia, lo stato dell'arte a 30 anni dalla Convenzione ONU

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13/11/2019

14 novembre 2019Lo scorso febbraio il Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ha reso pubbliche le proprie Osservazioni Conclusive rispetto all'attuazione della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia [CRC - Convention on the Rights of the Child - nel suo acronimo internazionale

Il Governo italiano è chiamato ad adoperarsi per implementare le raccomandazioni espresse, sulle quali l’Italia sarà chiamata a render conto nel prossimo incontro previsto per il 2023. 

Con il 10° Rapporto di monitoraggio del Gruppo CRC, alla cui redazione hanno contribuito gli operatori delle 100 associazioni del network e che dalla prossima settimana verrà anche presentato in una serie di eventi sul territorio – tra cui il 4 dicembre a Roma, alla presenza del Ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti - si apre un nuovo ciclo di monitoraggio: un percorso che prevede un confronto tra il Governo, la società civile e gli esperti che compongono il Comitato. 

Il 20 novembre si celebra il trentennale della CRC, ed è anche l’occasione per riaffermare la centralità della stessa nel quadro degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) individuati dall'Agenda globale delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile di qui al 2030. 

Dei 169 traguardi specifici che sostanziano i 17 Obiettivi, moltissimi possono essere ricondotti alla tutela e promozione dei diritti dell’infanzia, e proprio per questo per ogni paragrafo del Rapporto sono stati individuati i relativi target di riferimento. 

Ribadendo le sue precedenti preoccupazioni il Comitato ONU ha raccomandato all’Italia “l’adozione di misure urgenti per affrontare le disparità esistenti tra le Regioni relativamente all’accesso ai servizi sanitari, allo standard di vita essenziale, ad un alloggio adeguato e all’accesso all’istruzione di tutti i minorenni in tutto il Paese”. 

Le disparità su base regionale possono infatti essere considerate una forma di discriminazione che incide sulle condizioni di vita delle persone di età minore in quanto maggiormente vulnerabili. 

In ambito sanitario, come rilevato anche nel Rapporto “I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia - I dati regione per regione” (2018), anche per l’area pediatrica si rileva una erogazione dell’offerta a macchia di leopardo, con differenze significative per i dati relativi a mortalità infantile, obesità` e sovrappeso, numero di parti cesarei, coperture vaccinali. 

Appare quindi d’importanza cruciale l’avvio del “Nuovo sistema di garanzia per il monitoraggio dell’assistenza sanitaria”, uno strumento in grado di consentire di misurare che tutti i cittadini ricevano le cure e le prestazioni rientranti nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). 

Una recente analisi preliminare del Ministero della Salute ha evidenziato che ben il 60% delle Regioni (12 su 21) non sarebbero ad oggi in grado di garantirne l’erogazione in almeno una delle tre aree di assistenza (Ospedaliera, Prevenzione e Distrettuale). 

Un segnale positivo è stato invece l’estensione in quasi tutte le regioni dello “screening neonatale allargato o esteso (SNE)”, che permette di identificare nei primi giorni di vita la presenza di un numero rilevante di altre malattie metaboliche, che è stato inserito ufficialmente nei nuovi LEA, con una copertura finanziaria di circa 26 milioni di euro. 

In ambito educativo permangono importanti differenze tra le Regioni per quanto riguarda, ad esempio, i servizi educativi per l’infanzia: nell'anno 2016/17 i posti offerti coprono il 24% della popolazione in età, ma permane un grande divario che oppone le aree del Nord e del Centro alle aree meridionali. 

Nelle prime si sfiora l’obiettivo del 33%, anche superandolo in alcune regioni, mentre nel Sud sono disponibili posti solo per l’11,5% dei bambini e la carenza dell’offerta di servizi educativi per l’infanzia si traduce per molti nell'ingresso anticipato alla scuola dell’infanzia, che è ritenuta qualitativamente inadeguata ad accogliere bambini sotto i tre anni.
 
Alla luce di quanto segnalato dal Comitato ONU, appare necessaria una panoramica sulle risorse stanziate per l’infanzia e l’adolescenza. 

Da un lato occorre notare che a partire dal 2018, e soprattutto dal 2019 con il Reddito di Cittadinanza, la quantità di risorse immesse dallo Stato per contrastare la povertà è aumentata. Dall'altro, tuttavia, la qualità e la coerenza delle misure e delle prestazioni a sostegno delle famiglie e delle persone di età minore sono sporadiche e selettive

Questo ha generato l’aumento dei divari territoriali. Con la Legge di Bilancio 2019 alcuni fondi rilevanti per le politiche per l’infanzia sono stati incrementati: il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali è stato incrementato di 120 milioni di euro, e ammonta ora a 400 milioni complessivi annui (con un vincolo del 40% da destinare a interventi per l’infanzia e l’adolescenza). 

Nel Fondo Povertà sono state lasciate le risorse destinate al rafforzamento dei servizi sociali territoriali, alle quali si aggiungono anche le risorse del Fondo Sociale Europeo (FSE) della programmazione 2014-2020. 

Un forte incremento si è avuto per il Fondo Politiche per la Famiglia che per le annualità 2019-2021 prevede una dotazione di 107,9 milioni di euro (da 4,5 milioni del 2018), ampliandone le finalità e dunque gli interventi. 

Rilevante anche l’incremento del Fondo Politiche Giovanili, che per il triennio 2019-2021 avrà a disposizione 37 milioni annui, rispetto ai 7 previsti. 

La Legge di Bilancio 2019 ha inoltre prorogato per gli anni 2019, 2020 e 2021 il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, anche se è stato ridotto a circa 85 milioni di euro il massimo che il Fondo potrà raccogliere annualmente per i progetti. 

Resta però centrale condurre valutazioni periodiche sull'impatto che gli stanziamenti di bilancio hanno sulle persone di età minore per garantire che siano efficaci, efficienti e sostenibili con un’attenzione particolare alle persone di età minore in situazioni svantaggiate o vulnerabili che potrebbero richiedere misure sociali incisive.

Molte sono le questioni irrisolte da affrontare con urgenza per il nuovo Governo, a cominciare dal contrasto alla povertà minorile. Secondo l’ISTAT, nel 2018 i minorenni in condizioni di povertà assoluta erano 1.260.000 (il 12,6% della popolazione di riferimento), oltre 50.000 in più rispetto all'anno precedente. A esse corrispondono oltre 725.000 famiglie in povertà assoluta

Le famiglie con minori sono più spesso povere e, se povere, lo sono più delle altre. Per quanto riguarda gli effetti del Reddito di Cittadinanza i dati resi noti dall'INPS evidenziano come su 825.349 famiglie, che beneficiano della misura, solo 339.642 hanno un minorenne al proprio interno, confermando la preoccupazione rispetto allo sbilanciamento delle risorse verso la popolazione adulta. 

Inoltre, all'aumentare del numero di componenti e di persone di età minore, il contributo non aumenta in modo proporzionale, e ciò potrebbe di fatto sfavorire le famiglie numerose e con minorenni, che sono proprio quelle in cui ancora oggi si annidano i principali fattori di impoverimento.

Un altro tema importante è la protezione dagli abusi e dalla violenza a danno delle persone di età minore, con particolare attenzione alla prevenzione degli stessi. 

Il Comitato ONU si rammarica che non sia stato istituito un sistema nazionale di raccolta, analisi e diffusione dei dati, e con esso un programma di ricerca sulla violenza e i maltrattamenti nei confronti delle persone di età minore. 

Come evidenziato anche dal Gruppo CRC nei suoi precedenti Rapporti si dettaglia l’assoluta necessità di studiare il fenomeno nelle sue reali dimensioni, approntando adeguati percorsi di cura e presa in carico delle vittime da parte di personale altamente specializzato e appositamente formato. 

Si rileva inoltre che non è stato reso noto il monitoraggio del Piano nazionale per la prevenzione e il contrasto dell’abuso e dello sfruttamento sessuale dei minorenni, che era stato accolto con molto favore, e per il quale erano anche stati previsti appositi stanziamenti.

Rispetto alla situazione dei minori stranieri non accompagnati (MSNA) l’Italia ha ricevuto ben 23 raccomandazioni. Nel 2017 sono giunti in Italia via mare 15.779 minorenni stranieri non accompagnati, nel 2018 solamente 3.536, con una diminuzione pari al 77,6%. I MSNA hanno rappresentato oltre il 14% degli arrivi totali. 

Nei primi sei mesi del 2019, i MSNA giunti in Italia sono stati appena 3.291. I dati del Ministero dell’Interno non danno però riscontro né delle nazionalità, né del genere, né delle fasce d’età dei nuovi arrivi. 

Al 30 giugno 2019 sono stati registrati nel Sistema Informativo Minori (SIM) 4.736 MSNA  irreperibili, allontanatisi spontaneamente dalle strutture presso le quali erano stati accolti: un aumento del 30% rispetto al 2018, indicativo sia della precarietà delle condizioni di accoglienza delle strutture sia del loro desiderio di portare a termine il proprio progetto migratorio, che spesso ha come obiettivo finale altri paesi del Nord Europa dove risiedono familiari, amici e connazionali. 

La Legge 47/2017 “Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati” [nota come "Legge Zampa"] ha potuto rappresentare un importante argine per la tenuta del sistema di protezione dei minori stranieri non accompagnati, avendo definito una disciplina organica che rafforza gli strumenti di tutela garantiti dall'ordinamento e maggiore omogeneità nelle prassi. Tuttavia si rileva che per la sua piena attuazione devono ancora essere adottati i decreti attuativi

Si segnala in positivo l’istituto della tutela volontaria su cui è rilevante l’impegno dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (AGIA) e dei Garanti per l'infanzia regionali, nonché l’entusiasmo della risposta se si pensa che al 31 dicembre 2018 ben 5.501 cittadini avevano  presentato domanda.

In ultimo, il nuovo “sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni” si sta avviando anche grazie ai fondi previsti dal Piano di azione nazionale pluriennale che ha previsto una dotazione di 209 milioni di euro nel 2017, 224 milioni nel 2018 e, a decorrere dal 2019, 239 milioni l’anno e la compartecipazione delle Regioni con un finanziamento pari almeno al 30% delle risorse assicurate dallo Stato. 

Tuttavia è chiaro che se davvero si vuole portare un sistema di qualità accessibile in tutte le regioni, gli stanziamenti dovranno aumentare notevolmente. Le differenze territoriali restano infatti enormi. 

Basti pensare che la spesa dei Comuni per i servizi alla prima infanzia, per ciascun bambino sotto i 2 anni presente sul territorio, spazia tra i 2.200 euro annui pro capite della Provincia Autonoma di Trento ai 1.600 euro annui in Emilia-Romagna e Lazio, fino ai 285 euro della Puglia, ai 219 della  Campania e ai 90 della Calabria. 

«Trent’anni per la Convenzione sono un traguardo importante. Molto si è fatto, ma molto resta ancora da fare» sottolinea Arianna Saulini, (Save the Children), Coordinatrice del Gruppo CRC. «È fuori di dubbio che il rafforzamento dei fondi e degli investimenti ci racconta uno scenario che prova a cambiare. Ma è altresì vero che molti sono i margini di miglioramento e di maggior efficienza della spesa. L’approvazione di importanti riforme necessita di essere portata a compimento senza ulteriori ritardi. 

I giovani ed i più piccoli devono essere riconosciuti pienamente come risorsa, ed è per questo che oggi più che mai il ruolo del Gruppo CRC è centrale nel veicolare la visione comune di una rete di organizzazioni che con i bambini e ragazzi hanno a che fare quotidianamente. Occorre quindi continuare a lavorare per garantire un supporto alle famiglie, nel tentativo di ridurre le diversità presenti sul nostro territorio.» 

Documenti disponibili

Rapporto_Gruppo_CRC_2019pdf / 5.10 Mb

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13/11/2019

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