Crisi Rohingya
Dalla grande fuga di centinaia di migliaia di persone dalla violenza del Myanmar, i bambini e le famiglie di etnia Rohingya che si trovano dal 2017 nel distretto di Cox’s Bazar, in Bangladesh, stanno affrontando nuove sfide tra cui la minaccia del Covid-19. Il distretto di Cox’s Bazar ospita oltre 910.000 rifugiati: il 60% di questi sono bambini. Vivono nei fragili rifugi di bambù all'interno di un vasto, affollato e caotico accampamento, un foglio di plastica leggera è l'unica protezione che hanno per il sole cocente e per la pioggia che cade abbondante durante la stagione dei monsoni.
Vivono in condizioni indicibili: dormono sul terreno fangoso e trascorrono le loro giornate a recuperare l'acqua, in gran parte contaminata, o ad aspettare in fila la consegna di riso e biscotti da parte delle organizzazioni umanitarie. La situazione di vulnerabilità generale e le tensioni sociali all’interno delle comunità ospitanti sono ulteriore motivo di preoccupazione. L’UNICEF sta lavorando per migliorare le condizioni di vita dei bambini Rohingya, in partnership con il Governo e le altre organizzazioni presenti sul campo per allestire le infrastrutture necessarie e i servizi essenziali: accesso ad acqua sicura e servizi igienico-sanitari adeguati.
1,06milioni
Bambini sotto i 18 anni colpiti
294mila
Necessitano un’istruzione di qualità
6,6mila
Bambini <5 anni con malnutrizione acuta
Nel corso di due anni di crisi la situazione a Cox’s Bazar è lievemente migliorata ma sono ancora moltissimi gli interventi da mettere in campo a sostegno dei bambini rifugiati. A fronte di 2 milioni di persone colpite dall’emergenza circa la metà sono minori di 18 anni: di questi 6.600 bambini sotto ai 5 anni risultano affetti da malnutrizione acuta grave e 191.000 sono da assistere con integratori di vitamina A.
Le famiglie dell’interno Bangladesh sono inoltre estremamente vulnerabili alle alluvioni dovute a cicloni e monsoni, una situazione aggravata dai numerosi effetti dei cambiamenti climatici: le alluvioni del luglio 2019 hanno colpito oltre 7,6 milioni di persone in metà del paese. Questo ha reso ancora più difficile l’accesso ad acqua sicura: 338.000 persone hanno bisogno di acqua sicura da bere, per cucinare e per l’igiene personale e 377.600 persone hanno bisogno di servizi igienici d’emergenza conformi a standard minimi definiti.
Anche dal punto di vista sanitario c’è molto da fare per proteggere i bambini: 104.900 bambini con meno di 1 anno (si parla di neonati per bambini tra 0 e 28 giorni di vita) devono essere vaccinati con 3 dosi di vaccino pentavalente e 5.000 neonati malati necessitano cure mediche tempestive.
Bangladesh, vaccinazioni di routine per i bambini rifugiati rohingya del campo di Kutupalong
Il diritto a studiare e ad essere protetti
I bambini e ragazzi di etnia Rohingya rischiano di diventare una generazione perduta. Vivendo in campi sovraffolati, in condizioni di miseria, non solo sono privati delle opportunità di imparare ma anche di guadagnarsi da vivere: sono facile preda dei trafficanti e di altre forme di sfruttamento come il lavoro minorile. Le ragazze e le donne corrono un rischio particolare di subire violenze sessuali e di altro genere, comprese quelle di essere costrette a sposarsi prematuramente e di essere lasciate fuori dalla scuola.
L’educazione è ancora una delle forme più importanti di prevenzione della violenza. Grazie all’intervento dell’UNICEF e dei suoi partner nel 2019 il numero di spazi per l’apprendimento è quasi raddoppiato, passando da 1.300 a 2.500, frequentati da quasi 50.000 bambini in più nel rispetto al 2018: nei primi 8 mesi del 2019 più di 212.000 bambini hanno avuto accesso all’istruzione ma ciò nonostante oltre 293 mila bambini necessitano di accedere a un'istruzione di qualità e 32 mila adolescenti dai 15 ai 18 anni e giovani tra i 19 e 24 non sono inseriti in programmi di istruzione secondaria o in opportunità di formazione.
Sono stati introdotti programmi integrati di formazione professionale e sviluppo delle competenze personali, a beneficio di 12.600 ragazzi e ragazze adolescenti nei campi profughi e nelle comunità ospitanti, tuttavia, raggiungere tutti gli adolescenti bisognosi di assistenza resta problematico a causa dei limiti tecnici e di spazio nella costruzione dei centri educativi e delle limitate capacità dei partner locali.