Libia, l'odissea dei rifugiati: devastate le tende-scuola nel campo profughi

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31/05/2011

Le loro tende sono state bruciate, i loro averi saccheggiati, le scuole temporanee per i loro figli sono state distrutte. Rimasti all'addiaccio, in mezzo a ciò che rimane di tutto quanto possedevano, i rifugiati nel campo profughi di Shousha, a ridosso del confine tra Tunisia e Libia, vivono nel timore e nell'incertezza.

Mentre la crisi nella vicina Libia si consuma da mesi senza soluzione, quelli che sono riusciti a fuggire dal conflitto e hanno trovato rifugio in questo campo di accoglienza, nei pressi della città di Ras Jdir, si trovano oggi faccia a faccia con la violenza nell'unico luogo che consideravano sicuro.

La settimana scorsa, almeno due terzi del campo sono stati devastati a seguito delle crescenti tensioni tra rifugiati di diverse nazionalità e popolazione locale. Negli scontri hanno perso la vita 4 rifugiati di origine eritrea e due sudanesi. L'agenzia ONU per i rifugiati (UNHCR) ha fatto immediato appello alla solidarietà internazionale per ricostruire il campo e proteggere l'incolumità dei profughi, molti dei quali risiedono qui da oltre tre mesi.

Quasi tutti i 4.000 rifugiati che vivono qui sono lavoratori impiegati in Libia ma originari da Ciad, Eritrea, Iraq, Somalia, Sudan e altri Paesi nei quali il rientro non sarebbe sicuro a causa di conflitti e tensioni politiche.

Bambini senza scuola

Nel campo di Shousha vivono anche 900 bambini, comprensibilmente terrorizzati. Maria Luisa Fornara, italiana che svolge il ruolo di Rappresentante UNICEF in Tunisia, racconta in un'intervista telefonica la straziante delusione che si legge nei volti dei bambini che avevano appena ricominciato ad andare a scuola nelle strutture provvisorie installate dalla nostra organizzazione.

«C'erano 150 bambini iscritti alla scuola primaria e secondaria allestita nel campo. Sfortunatamente, tutte le strutture create dall'UNICEF insieme a Save the Children sono andate completamente distrutte nel corso dei disordini.»

«Avevo incontrato questi bambini appena pochi giorni fa. Giocavano nel cortile attrezzato per loro, andavano a scuola fieri dei loro libri e delle loro matite colorate, avevano finalmente uno spazio protetto in cui studiare e giocare.»

Molti di loro hanno vissuto in prima persona episodi di violenza in Libia. Ora i team di psicologi dell'UNICEF, che stavano lavorando per ristabilire in questi bambini il senso di sicurezza e fiducia di cui hanno un terribile bisogno, hanno di fronte un impegno ancora più arduo.

«Stiamo anche monitorando la situazione dei minori non accompagnati» prosegue Maria Luisa Fornara, parlando di quei bambini che nella fuga precipitosa dalla Libia sono rimasti separati dalle rispettive famiglie. «Dall'inizio della crisi ne abbiamo identificati circa 100: siamo preoccupati per loro e stiamo tentando di ricollocarli in strutture più protette e adeguate

Aiuti a rischio senza sicurezza

Sebbene l'UNICEF e le organizzazioni partner cooperino per ricostruire le scuole in tenda di Shousha e per garantire assistenza psicologica ai bambini, l'insicurezza rimane il fattore critico. Nonostante la richiesta di sostegno fatta dall'UNICEF al governo e all'esercito della Tunisia, i movimenti degli operatori umanitari sono limitati per ragioni di sicurezza e raggiungere le famiglie a rischio diventa sempre più difficoltoso.

In questa situazione di fragilità e rischio, l'UNICEF continua a distribuire acqua potabile, articoli per l'igiene personale e altri beni di primaria importanza per la vita quotidiana dei rifugiati.

L'UNICEF ha lanciato un nuovo appello alla comunità internazionale: senza finanziamenti adeguati, non sarà possibile garantire a queste sfortunate persone, vittime della guerra in Libia e ora della violenza in Tunisia, di poter finalmente avere un poco di serenità.


(resoconto di Priyanka Pruthi, nostra traduzione)

31/05/2011

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