Rio+20, l'UNICEF: investiamo sull'infanzia per un futuro davvero sostenibile

5 minuti di lettura

19/06/2012

Con più di 7 miliardi di abitanti del pianeta, la comunità internazionale dovrebbe chiedere al vertice di Rio de Janeiro [denominato Rio+20 in ricordo del primo Vertice mondiale sull'ambiente, tenutosi a Rio nel 1992] cosa significhi sviluppo sostenibile per 2,2 miliardi di bambini nel mondo.

Dopo tutto, il futuro che vogliamo e che stiamo costruendo lo dovranno vivere loro, e i loro figli. E dovrebbe essere un futuro più giusto.

Lo sviluppo sostenibile ha a che fare col fatto di comprendere, riconoscere e intervenire attivamente sulle interrelazioni esistenti tra economia, società e ambiente naturale.

Un bambino gioca su un terreno inondato dalle alluvioni a Chilmari, in Bangladesh - ©UNICEF/NYHQ2009-2689/S.Noorani

Un bambino gioca su un terreno inondato dalle alluvioni a Chilmari, in Bangladesh - ©UNICEF/NYHQ2009-2689/S.Noorani

Progressi non accompagnati dall'equità

I progressi negli ultimi decenni sono stati senza precedenti nel ridurre la mortalità infantile e la povertà, nel portare più bambini a scuola, nel migliorare l'accesso all'acqua potabile. Eppure questi progressi non sono ancora stati tradotti in vero sviluppo sostenibile.

Per esempio, un recente studio dell'UNICEF ha mostrato come le disparità tra il 20% più ricco e il 20% più povero della popolazione, in 18 dei 26 Paesi esaminati, non siano diminuite nonostante una significativa diminuzione nei tassi di mortalità infantile. Queste medie nascondono evidentemente una storia di diseguaglianze.

Non è sufficiente per l'UNICEF affermare semplicemente che i bambini devono essere il cuore di ciò che lo sviluppo sostenibile produce. La sfida davvero ambiziosa che d'ora in avanti attende i leader del pianeta è fare in modo che i benefici dello sviluppo siano estesi a tutte le famiglie. Forti disparità permangono o aumentano, ponendo in seria difficoltà le comunità più povere in molti Paesi.
 
In questo momento il panorama dello sviluppo sta cambiando, e non solo a causa della crisi economica globale. 

I cambiamenti erano evidenti al Forum sull'efficacia degli aiuti dello scorso anno a Busan (Corea del Sud) e sono ancora più evidenti alla vigilia della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile di Rio de Janeiro.

Un agenda per un futuro sostenibile

Parlando di questo nuovo scenario, il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha lanciato un appello affinché siano stabiliti obiettivi di sviluppo sostenibile basati sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (OSM) e che «pongano le fondamenta per una crescita economica dinamica, per il rispetto del pianeta e per l'equità sociale».

La discussione a Rio sull'Agenda successiva agli OSM (2015 in poi) ha le potenzialità per contribuire a cambiare il modo in cui la comunità internazionale pensa allo sviluppo e alla crescita. Il bisogno di questo mutamento è evidente nell'intersecarsi tra crisi alimentari, economiche e finanziarie e i disastri naturali degli ultimi anni, che insieme hanno contribuito all'instabilità e all'insicurezza generale.

Investimenti equi in ambito sociale, come quelli per la sanità e l'istruzione, di fatto promuovono la stabilità politica e sociale e favoriscono la capacità di tenuta rispetto agli shock futuri.

Una recente "Staff Discussion Note" [documento di analisi a scopo divulgativo] del Fondo Monetario Internazionale mostra che, quando le società divengono più eque, la crescita economica si rivela più sostenibile nel tempo. Il documento rileva come una riduzione del 10% nella disuguaglianza prolunga la durata della crescita economica di ben il 50% rispetto alle previsioni.

Il Brasile e l'Indonesia ne sono un esempio. Questi Paesi sono stati infatti in grado di reggere la recessione globale in corso meglio degli altri.
 
Anche la migliorata capacità del Bangladesh di far fronte ai disastri naturali è stata attribuita in parte alla diversificazione della sua economia, ai suoi programmi per la riduzione della povertà e ai suoi sforzi nel sostenere le comunità più remote e svantaggiate  nelle aree soggette a catastrofi.
 
 

L'infanzia, un ottimo ambito su cui investire

I benefici derivanti dall'investire sull'infanzia sono palesi. Un anno in più di scuola per le bambine può incrementare i loro futuri salari in una misura che oscilla tra il 10 e il 20%. Salari, questi, che in quanto donne, più degli uomini esse reinvestiranno nelle famiglie, dando inizio a un nuovo ciclo di opportunità e prosperità.

La Banca Mondiale stima che investire nella nutrizione possa incrementare il prodotto interno lordo di un Paese di almeno il 2 o 3%. Considerato l'impatto che la nutrizione ha su salute, benessere e sviluppo, l'UNICEF sta raddoppiando i suoi sforzi, a livello globale e nei singoli Paesi, per ridurre la denutrizione e la malnutrizione cronica.
 
Uno sviluppo più equo e sostenibile è realizzabile, moralmente corretto e saggio. Esso salvaguarda i diritti dei bambini. Investire sui bambini secondo equità interrompe la trasmissione della povertà tra le generazioni, crea società più stabili e contribuisce a una crescita sostenibile.

La prima cosa da fare è indirizzare le risorse scarse a disposizione laddove esse possono massimizzare il proprio impatto: verso i bambini che soffrono deprivazioni a causa della povertà, della discriminazione di genere, della provenienza geografica o a qualunque altro fattore penalizzante.

In ultima analisi, il principio-guida dei diritti dell'infanzia può essere tradotto in pratica attraverso un approccio socialmente equo allo sviluppo sostenibile. In altre parole, se vogliamo che lo sviluppo sia davvero sostenibile e porti benefici alle prossime generazioni  – i bambini di oggi –, esso deve essere uno sviluppo equo.
 
 
(Khaled Mansour, Direttore della Comunicazione dell'UNICEF)

19/06/2012

News ed Aggiornamenti