Potenza

Tornare ad essere umani

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12/03/2019

12 marzo 2019 - Il Comitato Provinciale Unicef di Potenza nella scuola dell’infanzia “Stella marina“ dell’Istituto Comprensivo “Don Milani” a Potenza e nella scuola primaria di Balvano.

L’8 marzo, Giornata della donna, in qualità di Presidente del Comitato Provinciale Unicef di Potenza, ho incontrato i bambini di cinque anni della scuola dell’infanzia “Stella marina” di Potenza e lunedì 11 sono stato a Balvano con gli alunni di terza, quarta e quinta della scuola primaria di Balvano. Ai più piccoli e alle loro maestre ho consegnato tre copie del calendario del Comitato Regionale Unicef di Potenza che contiene un loro disegno e ho avviato il progetto Scuola Amica Unicef per la prevenzione del bullismo. Con i più grandi di Balvano abbiamo visto il docu-film “SottoPelle” di Giuseppe Russo, a cura del Comitato Provinciale Unicef di Potenza, che presenta il racconto in prima persona degli immigrati ospiti delle strutture di Tito e Rionero.

Sia a Potenza che a Balvano sono stato accolto con grande calore e ho rafforzato la mia convinzione che è sempre più necessario educare le giovani generazioni alla conoscenza dei diritti di ciascuno, al rispetto per l’altro, alla solidarietà.

A Potenza ho avuto a disposizione una saletta e con i piccoli in cerchio e la maestra Annamaria Guarino abbiamo parlato delle nostre paure e delle cose che ci danno felicità. I piccoli hanno confessato la paura del buio, dei mostri, di stare da soli e le coccole di mamma e papà, le storie raccontate nel lettone grande.

A Balvano ragazze e ragazzi con i protagonisti del docufilm hanno potuto riflettere sulla violenza, la guerra, la fame. Hanno discusso di razzismo, della determinazione necessaria per realizzare i propri sogni perchè “Il sogno è come un bambino, che ha bisogno di essere nutrito per crescere”, come afferma Dimba in “SottoPelle”.

Abbiamo ricordato che non poteva avere più di 14 anni, a giudicare dalle ossa del polso, esili il ragazzo che è morto insieme ad altri settecento, o forse novecento, nel grande naufragio di una nave di migranti del 18 aprile 2015 nel Mediterraneo. Cucita nella giacca, gli è stata trovata una pagella. ‘Bulletin scolaire’, diceva la scritta sbiadita, e poi: ‘mathematique’, ‘francais’…, e i voti, accanto. Veniva dal Mali il ragazzino che si portava addosso, come un tesoro, la sua pagella. Forse pensava che, in Europa, mostrandola avrebbe provato che aveva voglia di studiare, e che sarebbe stato ammesso in una scuola.

Il libro della anatomopatologa Cristina Cattaneo, ‘Naufraghi senza volto’, Cortina editore, racconta la dolorosa operazione della ricognizione dei corpi di quel disastroso naufragio, tesa a identificare le vittime, a dare almeno una certezza ai familiari. Ci sono particolari struggenti, che è giusto fare sapere. I portafogli colmi di foto dei genitori o dei figli, incollati dall’acqua di mare. I taccuini con scritti, fitti fitti, gli indirizzi di lontani parenti, e ignote strade di Amsterdam, Oslo, Berlino, in cui i migranti credevano di trovare un tetto. E numeri, numeri di telefono, per ricongiungersi ai fratelli già arrivati al di là del Mediterraneo. Ma anche, e in tante tasche, sacchetti colmi di terra. Terra d’Africa, terra di casa. Da palpare e accarezzare con le dita, nello straniamento del viaggio verso un altro mondo.

Queste riflessioni che abbiamo portato avanti per oltre due ore con le insegnanti Anna Ferrara, Maria Moriello e Paola Marotta hanno commosso e fatto crescere tutti noi.


12/03/2019

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