Acqua amica e nemica

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01/06/2011

Nel 2009 la potenza devastante del ciclone Aila, a soli due anni da un altro violentissimo ciclone, si abbatte in questa area del sudovest che si affaccia nella baia del Bengala e dove affluisce il fiume Padma, che nasce dall’unione del Gange con il Brahmaputra.

È morte e distruzione. Molti bambini restano orfani; alcuni raccontano sommessamente di aver visto il loro papà con la sorellina in braccio portati via dalla furia dell’acqua, altri sgambettano sulla terra resa arida dal sale perché le acque del fiume che lambiscono questa regione sono saline.

Tanta acqua e tanta arsura, il paradosso del clima che ormai manifesta in modo costante (un tempo cicloni di questa portata avvenivano ogni 25 anni) il suo disagio per gli interventi scellerati dell’uomo. Tanta acqua che sommerge i campi rendendoli non coltivabili a meno che la stagione delle piogge sia abbondante e riesca a lavare via il sale e permettere che il ciclo della semina riprenda il suo ritmo. Ma lo scorso anno le piogge sono state scarse e non sufficienti; si aspettano le prossime e la gente confida che siano abbondanti “ per ripulire la terra”.

Nella piccola isola di Srinagar dove vivono 40.000 persone la furia di Aila ha distrutto tutto e la gente ha vissuto per 22 mesi accampata sull’unica lingua di terra che non era stata sommersa. Per tutto questo tempo circa 8.000 famiglie sono dipese dall’aiuto esterno. Dopo due mesi l’UNICEF ha istituito una scuola di strada, di nome e di fatto, consentendo così ai bambini di riprendere a studiare.

Visitiamo un altro Child Friendly Spaces che dal giugno 2009 è stato frequentato da 8000 bambini tra i 6 e i 12 anni e da 222 adolescenti. La creazione di questi spazi rientra nella gamma di interventi che garantiscono un meccanismo di protezione ai più piccoli anche a fronte dei rischi legati alle calamità naturali. Qui come negli altri 380 centri (240 costruiti nel 2007) e 140 nel 2009, i bambini hanno garantiti assistenza, cibo, e la possibilità di giocare e di svolgere attività ludico ricreative e a reagire in modo appropriato in caso di emergenza. E che questi bambini siano pronti a far fronte all’imprevisto ne abbiamo un’immediata prova.

 

Un popolo capace di resistere e rinascere

Un violento temporale, quasi anticipatorio di quelli che si abbatteranno in tutto il paese nelle prossime settimane, interrompe la nostra visita mentre i bambini stavano recitando in nostro onore. Con somma calma, lo spettacolo viene interrotto, i bambini aiutati dagli adulti chiudono le tapparelle di legno e ci si rifugia nel centro mentre fuori è quasi notte, l’acqua arriva trascinata dal vento che si abbatte con forza su tutto ciò che capita.

Dopo un paio di ore, la furia si placa e un pallido sole fa capolino all’orizzonte. Attorno a noi la terra prima screpolata è adesso uno sterminato mare di fango dove i bambini si muovono con agilità mentre le donne con i loro secchi si precipitano a raccogliere l’acqua piovana che scorre dai tetti.

Riprendono le lezioni, riprende la rappresentazione teatrale, riprendono le attività ludiche molte delle quali, e non è un caso, sono costruzioni in legno. Più in là, lo scopriremo al ritorno risalendo il fiume in barca, due persone sono morte colpite da un fulmine. Lungo gli argini donne e bambine immerse fino alla vita nelle torbide acque hanno ripreso a trascinare le speciali reti per pescare i gamberetti.

La resistenza di questo popolo alle avversità è direttamente proporzionale alla capacità di ricominciare, di non arrendersi. Nella vita di un bengalese si ricostruisce la propria dimora anche venti volte nel corso di un’esistenza. Le grandi torri costruite nella sala giochi sono una testimonianza di questa preparazione a ricominciare.

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01/06/2011

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