Andrea Santoro, scrittore: “Promuovere la paternità attiva significa investire in benessere, produttività e successo aziendale.”

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Intervistiamo Andrea Santoro, counselor, scrittore e studioso di cultura maschile. Si occupa presso l'associazione Cerchio Degli Uomini di percorsi di sostegno alla paternità e prevenzione della violenza maschile a donne e minorenni, oltre che di laboratori di sensibilizzazione nelle scuole secondarie sulle tematiche della parità di genere.

In virtù del suo lavoro per promuovere una paternità attiva, esamina le proposte portate avanti dall’UNICEF attraverso la Family Friendly Workplace Initiative: le aziende vengono incoraggiate ad investire su un luogo di lavoro che promuova il benessere e i diritti dei bambini. Ciò significa contribuire allo sviluppo di una società più equa.

In Italia, nonostante sia evidente il legame tra buone pratiche di cura e lo sviluppo dei bambini, i genitori sono spesso lasciati soli. Cosa serve per investire davvero nel benessere e nei diritti dell’infanzia?

Penso che il nostro Paese sconti una crescente irrilevanza politica delle famiglie con figli nel periodo dei cosiddetti Primi Mille Giorni, un gruppo sociale in un certo senso marginale dal punto di vista demografico rispetto alla popolazione complessiva. 

Inoltre, temo che i decisori politici sottovalutino l'enorme potere di sviluppo economico e sociale che una convinta promozione del benessere e dei diritti dei bambini e delle bambine comporterebbe, a livello di crescita economica, di prevenzione del disagio sociale e della devianza, di innovazione.

Non dimentichiamo che stiamo parlando di investimenti spesso a medio termine, che richiedono la capacità di programmare e impostare la direzione che vogliamo avere nel prossimo futuro, mentre spesso le decisioni politiche soffrono di uno schiacciamento sul presente e sulla gestione della singola emergenza.

Con la sua esperienza, come convincerebbe un grande manager che investire nei primi 1.000 giorni di vita è la scelta più strategica e di impatto?

Investire convintamente nei primi 1.000 giorni di vita comporta a livello aziendale alcuni importanti vantaggi:

  • genitori che possono lavorare in un contesto facilitante la conciliazione delle esigenze familiari e lavorative sperimentano una riduzione dello stress e un aumento della produttività complessiva;
  • professioniste e professionisti che diventano genitori solitamente migliorano le loro capacità relazionali, di mediazione e di resistenza al lavoro sotto stress, grazie alla capitalizzazione delle competenze acquisite nel contesto familiare;
  • considerato che tutt'oggi sono ancora le donne in maggioranza a rinunciare alle ambizioni di lavoro per prendersi cura della famiglia e dei figli in tenera età, fornire servizi di sostegno aziendale alle cure familiari rappresenta una strategia vincente per centrare gli obiettivi di inclusione ormai imprescindibili nelle politiche di diversity and inclusion aziendale.

Come possono le aziende sostenere la paternità attiva?

La promozione della paternità attiva, oltre a rappresentare un indubbio beneficio per lo sviluppo psico-fisico dei bambini e delle bambine, rappresenta anche un importante investimento aziendale, dal momento che le competenze acquisite dagli uomini in questo ambito sono inclini a creare un contesto lavorativo più inclusivo, tollerante ed empatico, con ricadute importanti sulla produttività e i risultati aziendali. È possibile promuovere la paternità attiva a livello aziendale con un serie di iniziative semplici ma efficaci:

  • promuovere l'informazione e lo sfruttamento del congedo di paternità, possibilmente ampliando l'offerta statale di 10 giorni con specifici incentivi;
  • promuovere lo smart working e in generale orari di lavoro flessibili, con una gestione aziendale orientata a progetti e obiettivi e non all'orario standard di lavoro;
  • organizzare iniziative specifiche di coinvolgimento dei padri in azienda, con attività che promuovano una visione positiva del padre che si impegna in famiglia, smontando lo stereotipo del “mammo” e dell'uomo poco produttivo perché impegnato a cambiare i pannolini;
  • organizzare laboratori e percorsi formativi specifici per migliorare la comunicazione in famiglia e le abilità di caregiving dei padri, con attenzione anche alla relazione con le o i partner, dimensione spesso trascurata ma anch'essa legata all'esercizio della paternità.

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