Bolivia, tagliare canne non è un gioco

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18/11/2009

 

Magdalena, la bambina orfana di cui si parla in questa parte della storia
Magdalena, la bambina orfana di cui si parla in questa parte della storia
 

Nel giugno 2008 Enrico Noviello (UNICEF Italia) è stato in missione in Bolivia, con l'intento di documentare i progetti UNICEF che verranno finanziati grazie al contributo dei donatori italiani. 

La testimonianza che segue racconta in particolare la situazione nelle zone di coltivazione intensiva della canna da zucchero, che vede l'impiego di migliaia di bambini come forza lavoro, e il conseguente intervento dell'UNICEF per contrastare questo preoccupante fenomeno.

Tutte le fotografie pubblicate sono ©UNICEF Italia/2008/E.Noviello

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 Faccino serio, Magdalena, mi dice: «Mia mamma sta lì...» 

«E cosa fa?» - le chiedo. 

«Sta al cimitero è morta un mese fa, ora è zia che ci fa da mangiare, la nonnina un anno fa stava per morire».

«E tu come stai piccina?»

Mi guarda, faccino serio, mi dice: «Anche papà piange sempre, sai?....
 

 
Gli alunni della scuola di El Cidral prendono un passaggio sul pick-up dell'UNICEF
Gli alunni della scuola di El Cidral sul pick-up dell'UNICEF

Magdalena, 7 anni, mi tiene la mano tutti i dieci minuti di sterrato che occorrono al pick up dell'UNICEF per fare quello che normalmente è un'ora e mezzo di cammino, dalla scuola di El Cidral fino al bivio di casa.
 
Oggi eccezionalmente li portiamo noi, così ci chiede la amatissima maestra.
 
Magdalena guarda la strada tutto il tempo, come fosse nuova per lei.

 
 
Alexander, anche lui un bambino orfano

A bordo tutti i suoi amichetti, tra cui Alexander che invece di anni ne ha 9. 
 
È rimasto orfano due anni fa, deve prendersi cura dei fratellini, e decide non so perchè che in questo viaggio io devo sapere tutto il possibile...

«A scuola ci andiamo tutti i giorni» mi dice «ma se fa brutto tempo allora andiamo solo noi grandi. 
 
I più piccoli sono troppo lenti a camminare, non li aspettiamo, allora andiamo solo noi. Mi piace un sacco andare a scuola...»

La piccola scuola di El Cidral ha quattro anni ed è la più antica tra le 25 unità educative rurali costruite per combattere il lavoro minorile in questa zona zafrera [in spagnolo, la zafra è la raccolta della canna da zucchero]

La coltivazione intensiva della canna da zucchero, una delle cinque peggiori forme di lavoro minorile in Bolivia secondo l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO).
 
I gabinetti della scuola di El CidralScuola di El Cidral: l'aula di Magdalena

A scuola siamo 37, anche se oggi eravamo 25. Mio fratello piccolo per esempio non è venuto, da due giorni ha la diarrea.
 
Siamo di tutte le età e la maestra ci insegna a tutti contemporaneamente, divisi per grado.
 
Mi piace un sacco che a scuola ci sono i rubinetti, i bagni sono puliti, e l'orto lo innaffiamo tutte le mattine noi, e decidiamo noi le piante che vanno messe

Ecco un pezzo del lavoro dell'UNICEF nella zona zafrera: piccole scuole primarie, e per ogni scuola latrine e acqua potabile

 
 
Alexander, uno degli alunni protagonisti di questo racconto
Alexander

L'orto aiuta a imparare la geometria e la matematica, esercita alla responsabilità e al decidere insieme, e se tutto va bene è anche... un buon sostegno nutrizionale!
 
L'insegnante multigrado è formato al lavoro di gruppo e alla flessibilità di calendario, in una zona dove gli spostamenti dei bambini sono stagionali.
 
Usa un tesserino che indica il livello raggiunto dal bambino senza tener conto di quando comincia o finisce l'anno scolastico.

Chiedo ad Alexander se è vero - come ci hanno detto a scuola - che solo uno tra loro 25 lavora alla canna nel pomeriggio.
 
Mi risponde: «No, no, qui i più grandi tagliamo tutti la canna, i più piccini ci aiutano, quando bruciamo il sottobosco, e anche per fare i mucchi di canne, che ancora il machete non lo possono usare loro...»

 
 
Una distesa di canne da zucchero tagliate e accatastate in un campo
Le canne da zucchero tagliate e accatastate prima della raccolta

Alla gente povera non basta una scuola per invertire una cultura del lavoro minorile che ha centinaia di anni.

Per questo nel novembre 2005 l'UNICEF ha promosso un accordo con i maggiori produttori di canna da zucchero della zona.
 
Si è creato un certificato di qualità per l'esportazione, che viene dato a quei produttori che creano lavoro per i genitori e scuole per i figli, sottoponendosi a rigorose ispezioni del Ministero del Lavoro sull'assenza di lavoro minorile.
 
Un altro pezzo di lavoro riuscito...

 
 
Un contadino munito di machete nel campo delle canne da zucchero
Un contadino munito di machete nel campo delle canne da zucchero

I bambini che tagliano la canna fanno un mestiere duro, che li stanca all'inverosimile.
 
Per una raccolta più agevole, e redditizia, si brucia il sottobosco.
 
Il vento alza la cenere, che va negli occhi e nei polmoni, e le malattie respiratorie e sono comuni come gli occhi rossi e sforzati, un lacrimare perpetuo.
 
Poi ci sono i funghi e malattie della pelle, per il grattarsi continuo dei bambini, per gli insetti che sopravvivono alla quema - la bruciatura - dei campi, per il calore che i bambini degli altipiani mal sopportano.

I mezzi della "Brigata mobile della salute" dell'UNICEF
I mezzi della "Brigata mobile della salute" dell'UNICEF

Queste sono le cose che ci racconta la "Brigata mobile della salute", un altro pezzo ancora del nostro lavoro.
 
La Brigata passa una volta ogni 15 giorni, fa il giro, passa nelle comunità rurali, negli accampamenti, nelle tendopoli.
 
Non sempre riesce a entrare in tutti gli accampamenti, c'è sempre qualche latifondista particolarmente conservatore, che non aderisce agli accordi, che tratta le persone contrattate come merce.
 
Ma molto è cambiato da qualche anno fa, quando prima dell'accordo era una situazione generalizzata...

Alexander per ora sta bene, anche se a pomeriggio come gli altri si infossa nella cenere nera del taglio della canna da zucchero.
 
Lo fa con misura, lo fa insieme allo zio, e si fa qualche pesos per il mangiare suo e dei fratellini.

 
 

Chi sta davvero male sono ancora i 7.000 ragazzini sotto i 14 anni che vengono dalla comunità di immigrazione interna, da Sucre, e dagli Altipiani, che parlano Guarani o Aymara o Quechua.

Loro vengono contrattati direttamente in blocco, trasportati in camion massivamente al charco (in campagna). 
 
Vivono in enormi accampamenti, a volte vere e proprie tende, altre volte tendopoli con un tetto in metallo, in promiscuità, separati da un troppo sottile telo di plastica celeste...

 
Due bambini indios all'esterno della tenda in cui vivono durante la stagione del raccoltoL'interno di una abitazione che ospita bambini e adulti addetti al raccolto della canna da zucchero
Una numerosa famiglia di lavoratori della canna da zucchero
Una numerosa famiglia di lavoratori della canna da zucchero. Alcune famiglie non portano più i bambini a dare una mano durante il raccolto.

Iniziano a diminuire notevolmente, questi bambini che vivevano l'inferno.
 
Ora davvero le scuole cominciano a funzionare, e davvero alcune famiglie arrivano senza i bambini in età scolare.
 
Li lasciano a casa a studiare, perché sennò perderebbero il buono in denaro che, dopo un anno di esempio dell'UNICEF, adesso lo Stato mette a disposizione per i bambini che vanno a scuola e non lavorano la canna.

 
 
Magdalena
Magdalena

Arriviamo al bivio e lasciamo Alexander, Magdalena e gli altri.
 
Hanno tutti lo stesso zaino, con i materiali scolastici di base forniti dall'UNICEF e dal Ministero dell'Educazione, e sono tutti puliti.
 
Magdalena è ancora piccola, darà una mano alla zia, e se oggi avrà fortuna starà un po' sull'amaca: «Quello che mi piace di più è quando con la mia amica Ana giochiamo tutto il tempo sull'amaca».

Alexander invece è già grande, un grande di 9 anni. Niente amaca per lui: metterà vestiti anneriti dalla cenere, e insieme ai fratellini fino a che fa sera c'è da tagliare parecchie canne oggi.

Sono già cambiate tante cose per Alexander, da quando non c'era la scuola, né la brigata di Salute. Altre cambieranno ancora.
 
Mentre ci salutano con la mano ci chiediamo se Alexander solo se lo immagina un giorno in cui si potrebbe non tagliare canne... ma giocare tutto il giorno, anche se lui è già un "grande" di 9 anni... 
 
 
(Enrico Noviello)
 

 

18/11/2009

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