Carenza di personale sanitario: primo ostacolo alla salute materno-infantile

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28/05/2011

2 maggio – Nel primo pomeriggio partiamo alla volta di Buba, capoluogo della regione di Quinara, nel sud del paese, che l’UNICEF Guinea Bissau ha recentemente identificato come area prioritaria su cui concentrare gli sforzi maggiori, allo scopo di raggiungere una popolazione infantile particolarmente isolata e deprivata.

Lungo la strada notiamo centinaia di bambini che insieme alle madri raccolgono i frutti del cajou. Non sorprendentemente, le scuole che vediamo dai finestrini dell’auto sembrano tutte vuote: i bambini sono tutti nei campi.

Troviamo anche conferma a quanto ci avevano anticipato i nostri colleghi nel briefing del giorno precedente, quando ci hanno detto come questo sia il momento di maggior liquidità per le famiglie, che riescono a vendere le noci di cajou raccolte agli intermediari, che poi le instraderanno verso l’export. Ed infatti, notiamo tante nuove costruzioni in corso nei villaggi, segno di una momentanea disponibilità di risorse.

Arrivati a Buba, incontriamo il Dottor Eugene Iala, responsabile della sanità nella regione. Questo medico ci colpisce per la sobrietà e la lucidità con cui descrive una situazione a dir poco disperata del Quinara.

In una regione di circa 70.000 abitanti, di cui circa 12.000 bambini con meno di 5 anni, non vi è un ospedale né un’ambulanza. E dei 14 ambulatori sparsi nei villaggi, appena 6 sono operativi, a causa della mancanza di personale sanitario.

La carenza di risorse umane qualificate è tra i problemi principali della Guinea Bissau, che ha pochissimi medici, infermieri, insegnanti. Uno staff di appena 4 medici e 31 infermieri si prende cura dell’intera popolazione, con un rapporto di 1 medico ogni 17.000 pazienti.

Il Dottor Iala ci racconta dell’apporto che l’UNICEF ha dato affinché venisse garantito il livello minimo di servizi alla popolazione della regione. Ci elenca la formazione del personale, i mezzi di trasporto per gli operatori sanitari comunitari che girano per i villaggi (moto e bici), il carburante per il trasporto delle equipe mobili, le zanzariere anti-malaria e i vaccini e ci mostra in particolare il grande frigorifero per i vaccini, alimentato da pannelli solari.

Lo scorso anno, l’UNICEF ha distribuito 114 frigoriferi di questo tipo, coprendo tutte le regioni del paese, e assicurando l’autonomia dalle improvvise carenze di carburante per alimentare i generatori elettrici. «Quel poco di assistenza sanitaria che le mamme e i bambini ricevono in questa regione è possibile grazie al sostegno dell’UNICEF, senza il quale ci troveremmo nell’impossibilità di operare», ci dice.

Capiamo che la questione dell’accesso agli ambulatori e delle vie di comunicazione è la questione cruciale, insieme all’assenza di personale, quando ci spiega che meno del 20% delle donne partorisce con una minima assistenza sanitaria: vi sono infatti villaggi che distano fino a 40 km dal più vicino ambulatorio, una distanza che in assenza di vie di collegamento si traduce in ore e ore di viaggio. Una distanza impossibile da coprire quando vi è un’emergenza.

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28/05/2011

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