Cronache di frontiera: Lampedusa, dall’altra parte del Mediterraneo

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14/07/2023

Siamo a Lampedusa, una piccola isola a sud Italia, ancora molto vicina alle coste tunisine e, per questo, primo punto di approdo per molte persone che attraversano la rotta del Mediterraneo Centrale alla ricerca di sicurezza e di condizioni di vita migliori. 

Al Molo Favaloro continuano gli sbarchi. Donne, uomini, famiglie con bambini molto piccoli, a volte appena nati, e adolescenti – troppo spesso in viaggio da soli - arrivano con barche di legno, sempre più spesso con barchini di ferro, corrosi dall’acqua salata e dal sole, dopo essere stati soccorsi dalle ONG attive o dalle autorità in acque territoriali. La maggior parte degli arrivi provengono dalla Libia e dalla Tunisia, alcune persone riportano ferite, a volte dovute al viaggio, a volte ad aggressioni. Raggiungere l’altra parte del Mediterraneo, attraversando quel mare – dove in tanti continuano a perdere la vita – diventa per alcuni la possibilità di sopravvivere, per altre/i un posto dove sentirsi più al sicuro, per tante/i la possibilità di una vita migliore.

Le persone si dispongono in file mentre iniziano i controlli della polizia di frontiera e i controlli sanitari. Ci sono poi le organizzazioni attive sul posto per fornire supporto già dalle prime fasi di arrivo in Italia. 

Lampedusa, sbarchi al Molo Favaloro: il lavoro degli operatori UNICEF inizia proprio qui, con l'identificazione dei migranti e l'individuazione delle persone più fragili

Il lavoro di UNICEF e delle organizzazioni partner inizia da qui

Operatrici e operatori individuano donne e bambini. Bastano poche domande. Quanti anni hai, se viaggi da sola o da solo, se la bambina o il bambino con te è un parente o no. In questa prima verifica il team individua già vulnerabilità specifiche, casi particolari che richiedono maggiore attenzione. Inizia presto il trasferimento delle persone arrivate all’hotspot, dove a breve si sposta anche il team.

In hotspot incontriamo C., un bambino di 8 anni, ivoriano, affidato a un adulto con cui non ha alcun rapporto di parentela, che da lì a poco continuerà il viaggio da solo. C. è un bambino sempre sorridente, in un giorno ha conosciuto già tutti gli operatori del posto e tutte le persone arrivate come lui, poco prima o dopo, su un barchino di fortuna. Partecipa a un’informativa del team, in cui gli spieghiamo con l’aiuto di una mappa colorata dove si trova e cosa succederà, che nei prossimi giorni sarà trasferito in una casa – la “maison des enfants” - con altri bambini della sua età, dove potrà studiare e giocare. 

Storie, frammenti di vita

Tra le storie che seguiamo in poco meno di una settimana quella di un bambino nato la notte, in viaggio, su quegli stessi barchini, e arrivato appena nato al molo, subito trasferito con la mamma in ospedale. Ancora, un altro neonato, con la mamma, di appena un mese. “Com’è essere una mamma sola in Italia? Ce la posso fare?” chiede “vorrei che crescendo si sentisse al sicuro”.

Negli ultimi giorni abbiamo incontrato anche tante ragazze. S. a soli 17 anni ha viaggiato da sola dalla Costa d’Avorio, al Mali, ha attraversato il Niger, per arrivare poi in Algeria e Tunisia. Costretta al matrimonio a soli 14 anni, con un uomo più grande, rimane incinta due volte ed entrambe perde il bambino. Non sopporta più quella vita, si sente in pericolo, decide di partire.

Intanto in hotspot arriva anche M., 9 anni, dalla Guinea, partito con un amico del padre, suo unico punto di riferimento. Racconta che ai genitori non è stato permesso di salire sulla stessa barca, così glielo affidano, con la speranza di riabbracciarlo presto. A differenza di C., M. è molto vicino a quella persona, piange quando l’uomo accetta di essere trasferito in un altro centro per iniziare il suo percorso in Italia.

Il team continua le informative, continua a individuare i casi più delicati e a segnalarli ai servizi specializzati. Continuano anche le attività con i bambini. Chi disegna una barca, chi la bandiera del proprio Paese e quella italiana. Un angolo di asfalto scuro in un attimo si riempie di disegni improvvisati con dei gessetti: una casa, un fiore, e per un attimo sembra di stare in un altro posto.

Il giorno dopo rivediamo C. e M. che giocano insieme. C. ci chiede la mappa che gli abbiamo mostrato il giorno prima, vuole mostrare a M. la “maison des enfants”, la casa dove potrà anche lui studiare e giocare con altri bambini della stessa età. L’Italia non è solo la fine di un viaggio, ma anche l’inizio di un nuovo percorso, anche una nuova possibilità.

Oggi sorride finalmente anche M., e l’hotspot – dove si concentrano fatica, stanchezza e dolore – appare di nuovo meno duro.

 



14/07/2023

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