Dentro il Sahel. Diario di un breve viaggio in attesa della pioggia / 7

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18/05/2012

Parlando col dottor Aida

Assistiamo, prima di partire, alla distribuzione della scorta quindicinale di bustine di Plumpynut [un alimento terapeutico pronto all'uso] alle mamme con figli in stato di malnutrizione acuta moderata, per la terapia a domicilio, e poi in un altro edificio alla preparazione e distribuzione, da parte della responsabile della cosiddetta "nutrizione complementare", della miscela di farina di sorgo, olio e zucchero che viene poi consegnata a tutte le donne con figli, una volta a settimana.

Nel villaggio di Legrair, alle mamme viene distribuita farina di cereali arricchita di olio e zucchero, per prevenire la malnutrizione - ©UNICEF Italia/2012/D.Lodi

Nel villaggio di Legrair, alle mamme viene distribuita farina di cereali arricchita di olio e zucchero, per prevenire la malnutrizione - ©UNICEF Italia/2012/D.Lodi

 
È il cosiddetto “blanket feeding”, una distribuzione a tappeto che, in situazioni di emergenze prolungate, serve a limitare la malnutrizione cronica delle fasce più a rischio, donne e bambini, ed evitare che degeneri in forme acute e spesso mortali.
 
Il dottor Aida, che è un singolare miscuglio di passione e di pragmatismo, ci spiega che è meglio dare alle mamme il tutto già mescolato, altrimenti, data la povertà, si rischierebbe che rivendessero l’olio o lo zucchero, impoverendo il valore nutritivo della pappa per i bambini. Poi, saranno le donne a cuocere il porridge, giorno per giorno.
 
Rientrando ad Ayoun, il dottor Aida ci invita a cena per la seconda volta (ieri ci ha offerto il mechui, montone ripieno di cuscus, il piatto della convivialità tra i Mauri) e ci racconta qualcosa della sua vita: nato nella regione settentrionale dell’Adrar, studente di medicina in Russia, poi si è trasferito qui nel Sud-Est della Mauritania per amore di sua moglie.
 
È lui che ha deciso di non mettere troppo in evidenza il logo dell’UNICEF sugli edifici e nei materiali, ci spiega, perché «è più importante lavorare insieme, e che la gente senta come proprio, e non come un dono, quello che ottiene tramite i nostri programmi. È così che un programma può essere sostenibile, a lungo termine.»
 
Tanto, è lui l’UNICEF, per la gente di qui, e anche per i 64.000 rifugiati maliani nella regione dell'Hodh Sharqi, dove ha messo in piedi servizi medici di prima accoglienza fin dall’inizio della crisi alimentare.

Il dottor Ahmed Ould Sid’Ahmed Aida, responsabile UNICEF ad Ayoun, con i bambini di  un villaggio - ©UNICEF Italia/2012/D.Lodi

Il dottor Ahmed Ould Sid’Ahmed Aida, responsabile UNICEF ad Ayoun, con i bambini di un villaggio - ©UNICEF Italia/2012/D.Lodi

 
Infatti, domattina all’alba deve partire per andare al campo profughi di M’Bera.
 
Buon lavoro, dottore!
 
 
 

18/05/2012

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