Diario di Vladimir Luxuria in Mozambico/1

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30/03/2009

Un viaggio che comincia da qui
Una bambina ricoverata nell'ospedale di Quelimane
 
Una bambina ricoverata nell'ospedale di Quelimane - ©UNICEF Italia/2009
 
 

31 Marzo 2009 - primo giorno. Nel primo secolo d.C. in Mozambico giunse la popolazione bantu, poi sbarcarono navi arabe, poi arrivò Vasco De Gama e gli europei si interessarono di questa terra per l'oro, l'avorio e gli schiavi.
 
Arrivò la lotta per l'indipendenza dai portoghesi, la guerra civile e, come se non bastasse la malaria, arrivò anche l'HIV/AIDS.

Il mio viaggio in Mozambico è cominciato dopo aver deciso di devolvere dei fondi vinti grazie alla partecipazione a un famoso programma TV.
 
E' cominciato quando ho visto su una foto gli occhi di un bambino sieropositivo che si sono aggrappati ai miei nella richiesta di aiuto.
 
Avevo scelto di sostenere un progetto UNICEF per la lotta contro l'AIDS in Mozambico, mirata soprattutto alle vittime tra le donne e i bambini.

Il Presidente di UNICEF Italia, Vincenzo Spadafora, mi chiese di partecipare a una missione in Mozambico per vivere in prima persona il dramma di una pandemia che colpisce il 16% di questa popolazione.
 
Ho cominciato il mio viaggio dall'Italia, dai colori accesi dei dipinti di Bertina Lopes, artista mozambicana che vive in un attico vicino alla stazione Termini di Roma, che mi ha aperto le porte del suo cuore e di una casa piena di quadri accatastati, dalle pareti con foto e scritte a penna sul muro di famosi personaggi della politica e della cultura.

Il viaggio è cominciato quando ho ricevuto una mail da parte di suore cattoliche che operano in questa terra che si congratulavano con me; quando una scrittrice mozambicana che vive in Italia, Amilca Ismael, mi ha spedito il suo libro "La casa dei ricordi" in cui parla della sua esperienza di assistente per gli anziani in una casa di riposo.
 
Mi ha commosso una pagina in cui paragona la voglia di morire di un anziano abbandonato in Italia alla voglia di vivere di una nonna mozambicana che si è presa cura di una nipote orfana dei genitori morti di AIDS, per la quale lei era rimasta l'unica speranza di sopravvivenza.

30/03/2009

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