Dieci anni di conflitto in Siria: cinque storie di resilienza
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Il conflitto in Siria entra nel decimo anno. La guerra ha segnato profondamente le vite e il futuro di una generazione di bambini.
Dieci anni di conflitto hanno avuto un terribile impatto: 12.000 bambini sono stati uccisi o feriti; più di 5.700 bambini – alcuni anche di 7 anni – sono stati reclutati nei combattimenti e oltre 1.300 strutture sanitarie e scolastiche, e con esse il relativo personale, sono stati attaccati.
La situazione per tanti minori e per le loro famiglie è molto precaria: circa il 90% dei bambini ha bisogno di assistenza umanitaria.
In questa situazione tanto drammatica, vogliamo però raccontare alcune storie di resilienza.
Saja, spero di poter tornare ad uscire e sentirmi al sicuro
"È una lotta, ma cos'altro si può fare?"
Saja a 12 anni ha affrontato un dolore tremendo, dopo aver perso la sua gamba e aver visto morire quattro dei suoi migliori amici a causa della guerra. Il calcio e lo studio sono diventati uno sfogo per lei, mentre i suoi sogni rimangono imperterriti.
Prima della guerra era libera di uscire: “La vita era veramente bellissima. I miei amici sono morti quando hanno iniziato a bombardare. Io ho perso una gamba. Mi piace giocare a calcio con gli amici, quando gioco non sento di aver perso qualcosa."
Oggi Saja ha 18 anni, ha una protesi alla gamba e può camminare senza stampelle:
"Prima volevo diventare un'allenatrice di ginnastica, ora ho cambiato idea: vorrei diventare un'insegnante di educazione fisica.
Adesso spero di realizzare il mio sogno. Il mio desiderio per il futuro della Siria è che tutto torni com’era. Spero di poter tornar a uscire ed essere al sicuro."
Volevo volare via, ci sono riuscito. La mia famiglia, ancora a Za'atari, è la mia forza
"Nel campo profughi di Za'atari arrivano quasi cento persone al giorno. Alcuni vogliono andarsene, ma questo è molto difficile"
Ahmed racconta la sua storia: dal campo profughi di Za'atari è riuscito a trasferirsi a Sault, in Canada, grazie ad una borsa di studio.
La sua famiglia però è rimasta a Za'atari: "La cosa che mi dà speranza e mi rende sempre ottimista, è la mia famiglia."
"Al campo di Za'atari mi sentivo in gabbia. Non avevo possibilità o spazio per volare via. Adesso ho ottenuto la libertà e le opportunità che desideravo, e mi sono costate molto.
Voglio diffondere la speranza, soprattutto per i bambini del campo di Za'atari. La mia storia è una prova che la speranza c'è sempre, e che tutti hanno la possibilità di essere e diventare ciò che desiderano."
Safa, il vento del campo rifugiati è solo un ricordo
Safa aveva 12 anni quando è scappata dalla Siria con la sua famiglia, per trovare rifugio in Giordania.
“Al campo di Za’atari vivevamo in una tenda. Non mi piaceva perché il vento soffiava e dovevamo sistemare sempre tutto in continuazione e mi stancavo."
Oggi Safa ha 14 anni e vive in Canada con tutta la famiglia: "Quando vivevo nel campo avevo tre desideri: andare in Canada, avere un letto e una protesi per la mia gamba."
"Adesso che sono in Canada con la mia famiglia, gli altri bambini conoscono la mia storia e io sono diventata più forte, non provo più vergogna.
Spero che la Siria torni di nuovo ad essere un posto sicuro come lo era prima e che i bambini tornino a scuola. Spero che l’UNICEF possa aiutare i bambini con disabilità.”
Asya: rifugiata in Turchia sogna di diventare dottoressa o avvocata
Asya aveva 7 anni quando è iniziata la guerra: si è rifugiata in Turchia ma alcuni membri della sua famiglia sono rimasti in Siria.
“La guerra è iniziata quando avevo 7 anni, avevamo paura. Quando siamo venuti in Turchia, ho iniziato a sentire la mancanza dei miei nonni che sono rimasti soli in Siria. La moglie di mio zio è rimasta là. Mi mancano."
Oggi Asya ha 14 anni e vive ancora a Gaziantep con la famiglia.
"Amo le canzoni. Mi piace cantare e ballare. Le canzoni sono ciò che amo di più. Dopo aver finito la scuola, se finisco l'università, vorrei diventare dottoressa o avvocata."
Il mio sogno? Diventare un'astronauta
“Spesso salgo sul tetto di casa e guardo le stelle. È semplicemente bellissimo."
Bodoor aveva 17 anni quando è stata ascoltata dall'UNICEF per la prima volta. Viveva ad Azraq, Giordania dal 2014, insieme alla sua famiglia; ha due sorelle e tre fratelli.
"Ciò che mi manca della Siria, più di ogni altra cosa, è mio zio. Gli voglio tanto bene e non lo vedo da dieci anni, a causa della guerra. Spero un giorno di rivederlo.
Non so se mi riconoscerà, ma sono fiduciosa.”
Oggi Bodoor ha 19 anni e frequenta l’università di Zarqa.
“Il mio sogno è di diventare un’astronauta e studierò tanto per riuscirci.
Amo l’astronomia. E' un settore importante che spero mi possa aiutare a lavorare con le agenzie spaziali in futuro.”