Gaza, lottare per sopravvivere o andare a scuola?
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di Catherine Weibel
Ayman, 15 anni, vive a Khuza'a, un povero villaggio nel sud di Gaza, dove la povertà estrema è drammaticamente aumentata a causa del blocco. Per Ayman, la possibilità di andare a scuola o meno ogni giorno dipende dalla quantità di cibo che viene lasciato nelle credenze.
«Ogni mattina, la prima cosa che faccio è andare in cucina», dice. «Se c'è del cibo, vado a scuola, se non c'è, vado a lavorare».
Vite in pericolo
Purtroppo, Ayman non è un caso raro. «L'anno scorso a Khuza'a, oltre 50 bambini di età compresa tra 13 e 16 anni hanno dovuto lasciare la scuola per aiutare a sfamare le proprie famiglie», ci racconta Al-Sabah Qarrah, capo del Centro Famiglia, sostenuto dall'UNICEF.
Molti di questi bambini lavorano nella pericolosa "zona cuscinetto" (anche conosciuta come "zona ad accesso limitato"), un’area militare che corre lungo la barriera che separa Gaza da Israele. I bambini entrano nella zona per raccogliere ghiaia, metallo o plastica di scarto tra le macerie delle case distrutte due anni e mezzo fa durante l'operazione "Piombo Fuso".
La ghiaia si vende per meno di un dollaro un sacchetto alle fabbriche locali di costruzione, dato che i materiali da costruzione da importazione sono fortemente limitata dal blocco.
Lavorare nella "zona cuscinetto" è un'attività pericolosa. Le forze di sicurezza israeliane sparano sistematicamente verso chiunque entri nella zona, adducendo motivi di sicurezza. Questa zona ad accesso limitato, che è ufficialmente 300 metri di profondità, è stata unilateralmente imposta dalle autorità israeliane nel maggio 2009.
Negli ultimi 18 mesi, l'UNICEF e i suoi partner hanno documentato spari diretti a 30 bambini da parte delle forze di sicurezza israeliane mentre lavorano nei pressi della “zona cuscinetto”Tuttavia, il numero di bambini feriti è nettamente diminuito negli ultimi cinque mesi.
«I bambini potrebbero andare a raccogliere il materiale di scarto in zone più sicure, ma non sarebbe sostenibile», ha spiegato Al-Qarra. «Non possono permettersi di pagare quattro shekel per il trasporto quando guadagnano un massimo di dieci shekel al giorno (l’equivalente di tre dollari).»
Non resta scelta
Ayman crede di non avere altra scelta che lavorare nella "zona cuscinetto" per contribuire a mantenere la sua famiglia. «Non posso permettermi di pensare ai rischi che corro», spiega, «devo dare il mio contributo per sfamare la mia famiglia, oltre a me siamo in 12».
Questi rischi sono fin troppo reali: Ayman ci parla di un incidente a marzo, quando il suo amico è stato sfiorato da un proiettile. «In un primo momento, i soldati israeliani spararono in aria», dice, «se non fossimo subito scappati, ci avrebbero sparato addosso».
Recentemente, nel tentativo di sfuggire a una pioggia di proiettili sparati nella sua direzione, Ayman si è rotto un piede, quando un grosso blocco di cemento è caduto dalla sommità di un carretto che stava usando per il trasporto dei detriti raccolti.
«Quando iniziano gli spari cerco di scappare», dice, «ma non posso permettermi di lasciare alle spalle le macerie che raccolgo».
Mazen, 16 anni, un amico di Aymen, raccoglie macerie da quando suo padre andò via di casa, lasciandolo con la madre malata e cinque fratelli.
Mazen, che soffre di mal di schiena a causa del pesante materiale che porta, ha lasciato la scuola qualche mese fa. Sua madre possiede un appezzamento di terra nella "zona cuscinetto", vicino alla barriera, ma dal 2009 non ha potuto accedervi a causa degli attacchi israeliani nella zona.
«Ho perso il mio unico mezzo di sussistenza, non posso permettermi di comprare il latte o il succo di frutta per i miei figli», dice. «Tutto quello che posso fare è dire loro di stare attenti e scappare appena sentono sparare», racconta piangendo.
Il sostegno dell'UNICEF
Per aiutare i bambini a superare la povertà e ridurre i tassi di dispersione scolastica, l'UNICEF sostiene 38 centri per gli adolescenti e per le famiglie a Gaza, con il finanziamento della Canadian International Development Agency (CIDA), dell’Ufficio per gli Aiuti Umanitari della Commissione Europea (ECHO) e la Bank of Palestina. I centri offrono aree di gioco sicure, corsi di recupero, attività sportive e sostegno psico-sociale in un ambiente sicuro.
Con i suoi amici, Ayman frequenta regolarmente uno di questi centri. Mentre entra nella struttura, il suo volto si illumina vedendo i palloncini colorati utilizzati per le attività ricreative. «È così bello non dover pensare a lavorare per un po’ di ore».
Il responsabile del centro, Sabah Al-Qarra, cerca spesso di convincere Ayman a frequentare i corsi di recupero e andare a scuola più spesso. «Continuo a chiedermi che cosa faranno questi ragazzi una volta cresciuti, senza alcuna qualifica» ci dice. «È straziante vederli combattuti tra la voglia di aiutare le loro famiglie a sopravvivere e il sogno di andare a scuola per costruire un futuro».