Il viaggio di Erika, campionessa ucraina, con la sua nuova famiglia affidataria
7 minuti di lettura
Lo sport a casa di Erika è al centro di tutto: a 16 anni, lei è una delle "figlie" più grandi tra i ragazzi della famiglia.
Ha sollevato la sua prima kettlebell (le palle di ghisa con una maniglia come impugnatura) a 14 anni. Suo fratello maggiore si allenava in questo sport e anche lei si è incuriosita, sostituendo il suo amore per la pallavolo nel sollevamento del kettlebell, che l’ha davvero conquistata.
“Non so esattamente perché, ma mi dà forza– non solo fisica, ma anche interiore” racconta Erika.
La sedicenne è una campionessa nazionale e internazionale ucraina di sollevamento kettlebell. Ma il suo viaggio verso la vetta di questo sport non è stato facile e sarebbe potuta andare molto diversamente, se non fosse stato per un semplice volantino su un lampione.
L’incontro casuale
A Znamenivka, nella regione di Dnipro c’è una casa in continuo fermento. Si gioca a pallavolo, si discute per i piatti non lavati, si celebra la Pasqua… e ci si prepara per i campionati mondiali.
Venti anni fa, Nelya vide per caso un volantino: “Cercasi collaboratori a domicilio”.
Si fermò nel distretto di zona per chiedere di cosa si trattasse e le risposero: “Prendi con te dei bambini, li cresci e li aiuti a cercare una strada nel mondo”. E allora pensò: “Perché no?”
Avevamo un solo figlio, ed era appena partito per il servizio militare. La casa era diventata così silenziosa. Era strano. Mancava la vita. Per questo abbiamo deciso di provare.
Nelya, ricorda quando 20 anni prima ha deciso di intraprendere il percorso dell'affido
I primi ad arrivare furono due adolescenti dell’istituto Pereshchepyne. Poi un altro. Poi una ragazza. I ragazzi chiesero di poter portare la sorella, così da avere un aiuto con i lavori di casa. E così via, un bambino dopo l'altro.
Oggi, la famiglia accoglie 11 bambini. E quelli che sono cresciuti e si sono trasferiti, tornano sempre: per le vacanze, i fine settimana, il Natale. “Siete miei figli. Glielo dico sempre. Tutti diversi, ma tutti nostri” dice Nelya. I bambini di cui si prende cura arrivano molto giovani, e restano almeno fino ai sedici anni.
La famiglia ha regole chiaramente stabilite, un forte senso di aiuto reciproco e tutti sono abituati a varsi valere. Questo è il posto in cui è cresciuta Erika.
Una squadra di famiglia
Erika al momento si allena quattro volte a settimana. In prossimità delle gare, anche di più. Controlla il suo peso a si attiene a una routine molto rigida.
“Ho iniziato ad entrare in modalità competizione a casa, e poi sul posto, sempre con loro. Il supporto della squadra è la cosa più importante. Così come quando mamma viene da me e mi dice prima di ogni gara 'Avanti tutta. Ca la farai'” racconta Erika.
Il prossimo autunno parteciperà ai campionati mondiali. Ha decine di medaglie. Quella più preziosa è quella dei Campionati Europei di Sofia. La sua famiglia affidataria le ha procurato i mezzi e le risorse per partecipare alla competizione e supportarla.
Erika gioca a pallavolo con i suoi fratelli adottivi nel cortile della loro casa. Prima di scoprire lo sport con kettlebell, la pallavolo era la sua passione e rimane un'attività preferita della famiglia.
Erika vorrebbe diventare allenatrice. Ha già introdotto i due fratellini appena arrivati alla pallavolo e al sollevamento di kettlebell, ragazzi che si sono uniti alla famiglia Koval dopo aver trascorso un anno in Turchia in seguito all'inizio della guerra su vasta scala. Questo li ha aiutati ad ambientarsi nella famiglia.
“All’inizio, avevano paura. Si sentono gli allarmi antiaerei. In più la routine, la struttura, il rumore, i nuovi ragazzi. Ma pian piano, tutto è andato a posto. I ragazzi hanno anche iniziato ad allenarsi con Erika. Questo per me è stato…un segnale positivo” racconta Nelya.
"Di solito, non posso lasciare dieci figli da soli: il padre lavora. Ma quando è arrivato il momento di viaggiare per la competizione in Europa, ho fatto un atto di fede. Lui si è preso qualche giorno libero e io sono andata. Perché era importante".
Regole in famiglia
“Quando arriva un nuovo bambino, ci sediamo subito e parliamo: non fare del male a nessuno, non prendere ciò che non è tuo, i maschi non possono entrare nella stanza delle ragazze senza permesso e viceversa” spiega Nelya.
I ragazzi mantengono la casa pulita, seguono la routine, aiutano in casa e si prendono cura degli animali.
Uno dei valori più importanti per la famiglia è lo sport. Tutti i bambini giocano a pallavolo nel cortile, ma scelgono anche altri hobby da seguire in base ai loro interessi.
“Osservano come io e mio marito ci comportiamo. Come i “più vecchi” aiutino i nuovi arrivati. Eppure, tutti rimangono liberi e autosufficienti. Così è una famiglia: quando sai che non verrai abbandonato. Anche se ci sono discussioni, finiscono sempre con il fare pace e aiutarsi l’uno con l’altro” dice Nelya.
Il progetto Better Care
L’integrazione dei ragazzi è stata supportata dall’UNICEF, insieme alle autorità locali e ai partner, compresi il supporto psicologico, la dotazione dei beni essenziali e l’assistenza familiare.
La famiglia di Erika è stata la prima famiglia affidataria a Znamenivka, nel 2014. Altre due famiglie hanno poi aperto le case-famiglia nella stessa strada, seguendo l’esempio di Nelya e del marito. Anche il loro figlio biologico ha avviato una casa-famiglia affidataria. I bambini possono adattarsi, crescere e sognare…ma solo quando hanno una famiglia al loro fianco.
L'UNICEF continua a sostenere queste famiglie attraverso l'iniziativa Better Care, che aiuta i bambini a tornare in un ambiente familiare dopo un periodo trascorso in istituti o sfollati.
Perché ogni bambino merita una casa dove essere visto veramente.


