Intervista a Gianmarco Sicuro

5 minuti di lettura

16/03/2023

Giammarco Sicuro, giornalista e inviato speciale sezione esteri del TG2. 
In questo ultimo anno ha compiuto varie missioni in Ucraina per raccontare il dramma della guerra e questa stessa intervista è stata rilasciata mentre si trovava sul suolo ucraino i primi di marzo.

1) Qual era il tuo sogno da bambino?

Da piccolo volevo essere un vigile del fuoco. Mi piaceva tantissimo l'idea di soccorrere gli altri, di tirare i gatti giù dagli alberi. Avevo per loro davvero una grande ammirazione. Mi piacevano talmente tanto che andai a visitare la caserma del mio paese, a Montevarchi in Toscana. Mi feci portare da mio padre e fu una bellissima giornata. Promisi a me stesso che da grande sarei diventato un vigile del fuoco. Poi, in realtà a scuola ho scoperto una passione e una capacità di scrittura, di racconto e alla fine ho preferito dedicarmi alla narrazione di chi soccorre gli altri che è la cosa che più mi piace fare. Quindi raccontare, e l'ho fatto per anni, le gesta eroiche di quelle che poi sono diventati i miei eroi, cioè i vigili del fuoco, in tante operazioni in Italia (terremoto, alluvioni, ecc.) e poi in giro per il mondo, allargando il campo non soltanto ovviamente a chi spegne gli incendi ma anche a chi porta aiuto; quindi arrivando a documentare le attività delle Ong, al lavoro prezioso dell'UNICEF insieme a quello di tanti volontari che realizzano le evacuazioni. Quindi poi alla fine mi sono dedicato al racconto dei soccorritori più che essere io un soccorritore.

2) In Ucraina hai incontrato tanti bambini. Chi ti è rimasto particolarmente nel cuore e perché?

È difficile fare una selezione dei tanti volti e delle tante storie che ho incontrato legati all'infanzia in Ucraina. Devo dire che via via con il passare dei mesi i miei contatti con i bambini sono sempre più diminuiti grazie al fatto che sempre più bambini sono stati portati via giustamente dalle zone più calde, dalle zone dove si combatte più ferocemente. Quindi, ad esempio, in questa mia mia ultima esperienza qui in Donbass ho pochissime occasioni di incontrarli ma nei i primi mesi mi sono imbattuto in tante storie di minori. Una delle più significative è quella che è diventata il simbolo della mostra fotografica "Can you smile for me?" appena ospitata al Maxxi di Roma e dedicata all'UNICEF. È una bambina incontrata a Svjatohirs'k, un villaggio del Donbass appena liberato, visibilmente scioccata in fila per un pezzo di pane e acqua, era incapace di sorridere, non riusciva a regalarmi un sorriso neanche con tutto l'impegno che ci mettevo per suscitarlo. Mi aveva molto colpito questa sua incapacità, nonostante fosse una bambina di otto anni, di rispondere con un sorriso sereno ad un approccio che solitamente hanno gli adulti con i bambini facendo loro delle linguacce, provando in qualche modo a rasserenarli. Evidentemente lo shock era troppo grande. Mi ricordo anche Mishan, un bambino che ho incontrato in un ospedale sempre nella prima fase della guerra, che aveva perso i genitori, aveva perso la nonna e aveva delle ferite profonde. Per fortuna si stava riprendendo ma i suoi occhi raccontavano tutto. Potrebbero essere tantissime le storie, soprattutto nei primi giorni durante il grando esodo di migliaia di persone che fuggivano dall'Ucraina al confine con la Romania nel marzo del 2022. Questo fiume umano e tra questo tantissimi bambini si tenevano per mano per darsi forza, per lasciare la loro terra chissà per quanto.

3) In che modo ritieni il tuo lavoro possa essere sinergico con organizzazioni umanitarie come l'UNICEF?

Io sono profondamente convinto che il giornalismo possa lavorare di spalla con il lavoro delle grandi e piccole organizzazioni umanitarie che operano negli stessi territori in cui noi lavoriamo e che il giornalismo sociale sia una necessità per i nostri tempi e sia fondamentale sostenerlo e, anzi, aumentare la possibilità per i giornalisti di viaggiare e poter lavorare a stretto contatto con chi sta permanentemente in questi territori come volontario e come organizzazioni. Quindi, in questo senso mi viene naturale ogni volta che viaggio trovare delle collaborazioni, molto spesso con l'UNICEF, perché mi interessa molto il tema dell'infanzia, ma anche con altre organizzazioni per creare delle sinergie. Ci aiutiamo reciprocamente e ci scambiamo i contatti, ci possiamo sostenere a vicenda nel dare visibilità. Io con il mio lavoro che viene pubblicato sui grandi media e loro dandomi i contatti e segnalandomi le storie necessarie che devo poi provare a raccontare ogni giorno dalle aree critiche, nei territori di guerra. Quindi, credo che sia una collaborazione necessaria e che sono sicuro andrà avanti per tutto il tempo durante il quale io continuerò a lavorare in missione all'estero, in giro per il mondo. Anche perché poi mi imbatto sempre in qualche scatola su cui c'è scritto UNICEF con beni di prima necessità per i bambini oppure in personale dell'UNICEF che in qualche modo sta provando a portare un aiuto, un sorriso all'infanzia.

16/03/2023

News ed Aggiornamenti