Afghanistan, più di 2 milioni di afghani, di cui mezzo milione di bambini, sono rientrati nel paese solo quest’anno

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10/08/2025

“Ho appena concluso una missione in Afghanistan, dove solo quest'anno sono tornati dall'Iran e dal Pakistan più di 2 milioni di afghani, tra cui mezzo milione di bambini, oltre a un numero significativo di persone provenienti dai paesi dell'Asia centrale.

Questa è stata la mia quarta missione in Afghanistan. Ho incontrato alti funzionari dell'autorità de facto, tra cui il Vice Primo Ministro per gli Affari Amministrativi, i Ministri facenti funzione e i Governatori provinciali sul campo. Abbiamo anche incontrato colleghi delle Nazioni Unite, donatori e partner della società civile. Ho avuto l'opportunità di vedere i programmi sostenuti dall'UNICEF a Kunduz, Islam Qala e Herat. Rispetto alle mie missioni precedenti, ho constatato un miglioramento dell'accessibilità in tutto l'Afghanistan, che ha permesso all'UNICEF di raggiungere un numero maggiore di bambini, donne e comunità con servizi umanitari.

Al centro di accoglienza di Islam Qala, dove ogni giorno arrivano decine di migliaia di persone che attraversano il confine dall'Iran, ho visto come i servizi umanitari e di protezione vengono forniti in modo coordinato dalle autorità de facto, dalle agenzie delle Nazioni Unite, dalle ONG e da altri partner. I centri di accoglienza sono stati istituiti nei punti di frontiera in tutto l'Afghanistan per rispondere all'elevato numero di rimpatriati, che ha raggiunto il picco il 4 luglio con oltre 50.000 persone arrivate in un solo giorno. Le famiglie che ho incontrato al confine hanno dichiarato di guardare con speranza al futuro nel loro paese d'origine, ma di essere preoccupate per la ricostruzione delle loro vite. Una preoccupazione comune era la continuità dell'istruzione delle loro figlie oltre la sesta classe (prima media), preoccupazione condivisa dalle studentesse che ho incontrato a Kunduz.

L'istruzione in Afghanistan rimane una questione critica, in particolare per le ragazze adolescenti a cui non è permesso frequentare la scuola oltre la sesta classe (prima media). Questo non ha un impatto solo sulle ragazze, ma su tutte le donne del Paese, che perdono l'opportunità di accedere all'istruzione secondaria formale, all'università e, di conseguenza, al mondo del lavoro. A Kunduz ho visitato una classe di apprendimento accelerato dove le ragazze possono completare la loro istruzione primaria se non hanno potuto frequentare la scuola, e una delle giovani insegnanti mi ha raccontato che le mancavano solo pochi mesi per finire la facoltà di medicina quando le è stato proibito di continuare. Una dottoressa in meno per soddisfare le esigenze sanitarie fondamentali delle donne in Afghanistan.

Alla scuola Ustad Abdullah vicino a Kunduz ho incontrato molti giovani studenti brillanti, ragazze e ragazzi, che desideravano diventare insegnanti, chirurghi, ingegneri, pieni di speranza per un futuro in Afghanistan al quale poter contribuire. Purtroppo, con l’attuale divieto di istruzione per le ragazze adolescenti in Afghanistan, per loro la scuola finirà dopo la sesta classe(prima media). L'istruzione per tutti i bambini è al centro del mandato dell'UNICEF e noi sosteniamo con forza la revoca del divieto, affinché le ragazze di tutte le età possano continuare a frequentare la scuola, ricevere una buona istruzione, lavorare e svolgere un ruolo nella società, per se stesse, per le loro famiglie e per la crescita futura dell'Afghanistan. Siamo pronti a trovare soluzioni per garantire la continuità dell'istruzione delle ragazze e continuiamo a esplorare le opzioni con le autorità.

In relazione alla crisi dei rimpatriati, l'UNICEF riconosce ed esprime gratitudine per gli sforzi compiuti nel corso degli anni dai governi ospitanti, tra cui Iran e Pakistan, per accogliere i cittadini afghani nei loro paesi. Tuttavia, siamo preoccupati per il benessere delle famiglie e delle persone, compresi i bambini, che intraprendono il viaggio spesso difficile e improvviso per tornare, nonché per l'impatto che i rimpatri su larga scala stanno avendo sulle comunità già fragili in Afghanistan, dove più della metà della popolazione necessita di assistenza umanitaria e lotta per superare gli effetti di oltre quattro decenni di conflitto, complicati dalla siccità. I bambini necessitano di una protezione speciale, in particolare quelli non accompagnati, e le autorità preposte alla protezione dell'infanzia dovrebbero valutare il loro interesse superiore per garantire la loro protezione e il loro benessere, compreso il sostegno al ricongiungimento familiare. Alla fine di luglio, l'UNICEF aveva documentato e assistito più di 6.000 bambini non accompagnati e separati, ricongiungendoli con le loro famiglie e i loro parenti.

Sebbene il rapido potenziamento abbia consentito una risposta coordinata e congiunta nei punti di accoglienza, occorre fare di più per garantire la sicurezza dei rimpatriati durante il viaggio, compresa la qualità dell'assistenza continua durante il loro ritorno e l'accesso costante ai servizi essenziali nelle zone di ritorno all'interno dell'Afghanistan, al fine di sostenere un reinserimento sostenibile. Con un accesso limitato all'istruzione, ai servizi sanitari e alle opportunità economiche, la capacità delle comunità di assorbire l'elevato numero di rimpatriati in un lasso di tempo ridotto sta diventando sempre più difficile.

L'UNICEF chiede un approccio sistematico e graduale per i rimpatriati, che garantisca la sicurezza, la dignità e la volontarietà di coloro che sono in movimento, nonché la continuità dell'assistenza durante il loro viaggio e misure per accedere a una protezione continua nei paesi ospitanti, se necessario. Tale approccio è particolarmente importante per i gruppi vulnerabili, in particolare le donne e i bambini, compresi i bambini separati e non accompagnati.

L'UNICEF invita dunque l'Iran, il Pakistan e l'Afghanistan a dialogare per organizzare il rientro graduale dei profughi e consentire alle autorità afghane, alle agenzie delle Nazioni Unite, alle ONG e ai partner di gestire meglio la risposta, e chiede ai donatori di sostenere l'azione umanitaria a favore dei profughi, compresi i bambini, sia nei luoghi di accoglienza che nelle aree di reinsediamento definitivo”.

Dichiarazione di Ted Chaiban, Vice Direttore generale dell’UNICEF per l'azione umanitaria e le operazioni di approvvigionamento.

10/08/2025

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