"All you need is love" - Una storia dallo Zimbabwe

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01/10/2012

(Masvingo, Zimbabwe - settembre 2012)

In Zimbabwe, servono almeno due cose per essere un'operatrice sanitaria di villaggio. La prima è una bicicletta. La seconda è qualcosa che non si può comprare.

«Mi chiamo Viola Chapwanya» ci dice la donna che incontriamo, con un sorriso largo e generoso, la voce profonda. «Chi desidera essere una di noi, un'operatrice per la salute di villaggio, ha bisogno di un gran cuore. E di un grande amore per la propria comunità».

La bicicletta ricevuta dall'UNICEF è un mezzo di trasporto sostenibile e a basso costo, che permette a Viola di viaggiare per 20 chilometri al giorno per raggiungere le famiglie contadine più remote.

Viola, la protagonista di questa storia dal campo -©UNICEF Zimbabwe/2012/Lalonde

Viola, la protagonista di questa storia dal campo - ©UNICEF Zimbabwe/2012/Lalonde

Gli operatori come Viola svolgono un ruolo essenziale nel sistema sanitario dello Zimbabwe, paese in cui la protezione della salute pubblica è minacciata dal deterioramento dei servizi sociali e dall'instabilità politica.

Nascere sani nel cuore dell'epidemia

Questo non è soltanto un lavoro che Viola ha scelto. È un lavoro che ha scelto lei...

Ogni operatore dello Zimbabwe è stato scelto personalmente dagli anziani del villaggio sulla base del rispetto e della stima che riscuote nella comunità. Viola ha ricevuto questo incarico sin dal 2001.

Oltre alle bici e a un piccolo stipendio, Viola e gli altri operatori sanitari ricevono una divisa, dei kit sanitari e una formazione continua

Lo Zimbabwe è all'epicentro della pandemia di HIV-AIDS, malattia che ha reso orfano di uno o entrambi i genitori un bambino su 4. Una realtà che gli operatori sanitari - che conoscono e hanno seguito da vicino ogni nuovo nato - incontrano ogni giorno.

Preoccuparsi che le donne incinte facciano tempestivamente il test HIV e ricevano, se sieropositive, i farmaci anti-retrovirali riduce il numero di donne che trasmetteranno il virus ai nascituri.

Viola si ferma per prendere in braccio Last, un nome insolito ma appropriato per quello che sarà l'ultimo figlio di due genitori, entrambi affetti dall'HIV. «Quando vedo questo bimbo mi sento felice. Last non ha ereditato il virus e cresce bene!»

Il lavoro di Viola consiste anche nel fornire nozioni importanti su come nutrire bene Last e gestire la pulizia dell'ambiente domestico, in modo che l'intera famiglia rimanga in buona salute.

La speranza di Isaac e Regina

Lo stesso giorno, Viola visita Isaac e Regina. Sono una coppia giovane, che vive con la "famiglia allargata" di lui. Stanno aspettando il loro primo figlio, Regina spera che sia femmina.

Bambino o bambina che sia, il principale desiderio dei futuri genitori è che goda di buona salute. Regina non è risultata sieropositiva, ma suo marito non si è ancora sottoposto al test per l'HIV. Viola incoraggia i padri come Isaac a vincere la propria resistenza e a effettuare il test.

«Nella nostra cultura non è una questione facile» ci spiega. «Gli uomini dicono 'non sono io quello che aspetta il bambino, perché dovrei fare un controllo?'. Ma io dico loro che non si tratta di un problema dell'uomo o della donna, è un problema di tutta la comunità. E li incoraggio a fare il test.»

Qui in Zimbabwe, una donna ogni 8 muore durante la gravidanza o il parto. Per questo, Viola vuole convincere Regina a permetterle di accompagnarla all'ospedale più vicino quando arriverà il momento di partorire. Su un cartello affisso nell'ospedale leggiamo: "Non importa dove una donna viva, dare alla luce una nuova vita dev'essere un momento di gioia e non una condanna a morte".

Quando chiediamo a Viola per quanto tempo ancora intenda fare questo lavoro, la sua risposta è accompagnata da un sorriso: «Io sarò sempre un'operatrice sanitaria di villaggio!»

(storia r

01/10/2012

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