Bambine, il tempo della protezione: un reportage dal Bangladesh - 4

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08/01/2016

 

(3. Il doppio vantaggio dell'istruzione >>)

Un rifugio per le bambine di strada

Il Bangladesh ha fatto enormi passi avanti negli ultimi quindici anni, le statistiche parlano chiaro. In termini di salute, ad esempio, i tassi di mortalità materno-infantile sono decisamente miglioratiI decessi tra i bambini sotto i 5 anni dal 1999 al 2014 si sono addirittura dimezzati, scendendo da 94 a 46 ogni mille nati vivi. 

 

Anche in termini demografici si comincia a registrare una flessione della natalità, tant’è vero che oggi ci sono più adolescenti che bambini.

 

I numeri rafforzano la speranza, ma il lavoro da fare è ancora immenso. Perché non basta assicurare ai bambini sopravvivenza e salute, meno che mai in un paese così popolato.

 

Superare il filo sottile tra la vita e la morte è una sfida quotidiana che si protrae a lungo nel tempo. Basta guardarsi intorno.

 

Il Drop-in Centre per bambine di Bangshal, nella vecchia Dacca è sostenuto dall’UNICEF. Il centro offre un rifugio sicuro, pasti, gioco, istruzione e formazione alle bambine di strada. ©Neige De Benedetti per UNICEF Italia /2015
Il Drop-in Centre per bambine di Bangshal, nella vecchia Dacca è sostenuto dall’UNICEF. Il centro offre un rifugio sicuro, pasti, gioco, istruzione e formazione alle bambine di strada. ©Neige De Benedetti per UNICEF Italia /2015

 

Ad esempio basta entrare nel "drop-in centre" per le bambine di strade, sostenuto dall’UNICEF, una delle nostre prime tappe in città.

 

Si trova a Bangshal, nella parte vecchia della capitale, Dacca, e accoglie un centinaio di bambine, a partire dai 4 anni.

 

Vederle così piccole, orfane, abbandonate da genitori che si separano o troppo indigenti da potersene prendere cura, dimostra che la sopravvivenza non basta. C’è una dignità da proteggere in ogni vita salvata.

 

Gli occhi di queste ragazzine sono pozze profonde, dove i pensieri si annodano. Eppure sono loro a scioglierli, non appena ti coinvolgono nei loro giochi e balli.

 

>Il Drop-in Centre per bambine di Bangshal - ©Neige De Benedetti per UNICEF Italia /2015
Il Drop-in Centre per bambine di Bangshal - ©Neige De Benedetti per UNICEF Italia /2015

 

Ci vuole sempre un po’ di pudore per entrare nella vita delle persone, ancora di più se si tratta di bambini. Non sai quanto puoi spingerti a chiedere, se hanno voglia di parlare. Se decidono di farlo, però, diventano fiumi in piena...

 

 

La storia di Jobeda

 

Jobeda ha 14 anni ed è nata in un distretto a circa 150 km da Dacca. Aveva solo 6 mesi quando la madre ha divorziato e, poverissime, sono finite a vivere in strada.

I suoi primi ricordi risalgono a all'età di 4-5 anni, quando si sono trasferite a Dacca e trovano riparo nel mazar - una sorta di santuario - di Mirpur. Hanno qualche pasto e un giaciglio per la notte. Spesso però vengono maltrattate. 

 

Trsacorrono così altri 7-8 anni finché Jobeda viene avvicinata da un operatore sociale che le offre l’opportunità di andare in un centro di accoglienza sostenuto da una organizzazione non governativa.

 

La madre è diffidente nel permetterle di allontanarsi perché, fosse pure per una briciola di speranza in più, teme molto i trafficanti di esseri umani. Alla fine accetta, e per Jobeda inizia un lento ritorno alla copia migliore di quella che si chiama normalità.

 

Più tardi Jobeda approda a questo Centro, sostenuto dall’UNICEF, dove vive da circa due anni.

 

Mentre parla, si asciuga ripetutamente le lacrime. Ogni parola riapre una ferita. Ci fermiamo per distrarla e mi accorgo che quando sorride le viene una fossetta sulla guancia sinistra, vai a sapere come si dice in bengalese, ma riesco a farle capire che è molto carina. E lei si diverte a questa mia sciocchezza.

 

Jobeda dice che ora sta bene, ci sono tante altre bambine con le quali ha fatto amicizia. Segue un corso di estetica e vuole aprire una sua attività.

 

«Quando vivevo in strada non avevo nessun obiettivo» dice. Ora accompagna gli operatori sociali nelle strade per parlare con altre bambine: 

 

«Neppure io avevo possibilità, non piangere vieni con noi»: si chiama approccio peer to peer, dialogo tra pari, uguali. Perché solo chi ha vissuto esperienze simili riesce comunicare nel modo più efficace.

 

Il programma Protezione dell'infanzia (Child Protection) dell’UNICEF Bangladesh è attivo su molti fronti.

 

Si lavora con il governo, perché i grandi cambiamenti strutturali si fanno attraverso le leggi, le politiche, i bilanci statali. La peculiarità dell’UNICEF è anche questa, ma non è sempre facile spiegare la potenza dei programmi di advocacy, tutto il lavoro che si fa con le istituzioni per avere una visione e un’efficacia a lungo termine.

 

Andare oltre l’assistenza significa rompere il circolo della dipendenza. Poi ancora si collabora con tante organizzazioni non governative, instancabilmente attive sul territorio.

 

Infine si lavora con i volontari delle comunità, energia allo stato puro. 

 

Se non ci fosse un impegno integrato su più livelli non sarebbe possibile raggiungere gli "invisibili", i bambini che vivono ai margini delle città o nelle zone più remote, dove è molto complicato arrivare.

 

(5. Una bracciata vi salverà >>)

08/01/2016

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