Dentro il Sahel. Diario di un breve viaggio in attesa della pioggia / 2

2 minuti di lettura

13/05/2012

La morte degli animali

 
La mattina dopo i gradi sono pochi di meno e si viaggia sotto una coltre più fitta di sabbia; c’è vento, la visibilità è sempre più scarsa andando verso est.

Visto da qui, il cambiamento climatico globale è una cosa molta concreta – questione di vita o di morte.
 
Noi, a 40-44 gradi, ci consoliamo con l’aria condizionata. Ma provate a pensare 44 gradi e il niente di cibo e di acqua che questo paesaggio contiene.
 
Molti uomini hanno portato le mucche in Mali, verso il fiume lontano, in una pista di transumanza nuova per la gente di qui, sperando di trovare un po’ di pascolo prima che le bestie muoiano. Una mucca costa circa 250 euro, un piccolo capitale da esportare per salvarlo.

La carcassa di un bovino ucciso dalla siccità lungo la strada per Aioun - ©UNICEF Italia/2012/D.Lodi

Restano vecchi, donne e bambini, senza risorse. Intanto, dal nord del Mali arrivano i profughi che sfuggono al conflitto, e passano la frontiera ancora più a est, oltre Nema, insediandosi in campi profughi in una delle regioni più povere del paese, l’Hodh Sciarq.
 
Approdiamo verso mezzogiorno ad Ayoun, la nostra meta, capoluogo dell’altrettanto povera regione dell’Hodh Gharbi, una cittadina famosa per le pietre e che sembra ricca di poco altro.
 
Il panorama si è fatto ancora più marziano, con una dominante gialla ovunque, il sole che sembra la luna per quanto è pallido, turbini di sabbia e uno strano vento. Tempo da disastro, da fine del mondo.  
 
Comunque qui non è questo tempo che fa paura, sono le piogge che non si sono praticamente più viste dall’estate del 2010: salvo qualche spruzzo isolato, l’estate scorsa l’attesa è stata inutile.
 
Le greggi rimaste sono a rischio: prime a morire sono le vacche, e le carcasse lungo la strada sono già parecchie. Capre e cammelli resistono di più, e anche gli asini, ma molte famiglie li vendono prima che sia troppo tardi anche per loro.
 
Le coltivazioni sono quasi tutte andate, sia quelle orticole (tranne le poche vicine a pozzi ancora in funzione) sia quelle di cereali. E davvero a guardarsi attorno riesce difficile immaginare che possa mai essere stata coltivata, questa distesa di sabbia e pietre.
 
 
 

13/05/2012

News ed Aggiornamenti