Haiti, per gli ospedali il colera è un nuovo terremoto
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(testimonianza inviata da Douglas Armour, UNICEF UK )
L'epidemia di colera sta mettendo a dura prova le limitate capacità di risposta delle strutture sanitarie qui ad Haiti.
Siamo a Dessaline, circa 40 km. a nord di Saint-Marc, epicentro dell'epidemia. I medici dell'ospedale Claire Heureuse accolgono soltanto i casi più gravi di infezione: gli altri ricevono antibiotici e vengono rispediti a casa con qualche istruzione su come evitare di contagiare altre persone. Di più, per il momento, non si riesce a fare.
«Abbiamo soltanto 35 letti, e i pazienti ricoverati sono 61» spiega il dottor John Fequier, direttore del piccolo ospedale. Laureatosi appena cinque anni fa, Fequier ammette di non avere mai visto nulla di simile.
Qui in ospedale sono avvenuti due soli decessi, ma in città, a Dessalines, i morti sono ormai 28.
Tutti i pazienti, sottolinea il medico, sono entrati in contatto con l'acqua del fiume Artibonite. Le autorità sanitarie stanno eseguendo test in differenti punti del corso d'acqua per verificare la presenza del vibrione, il batterio che veicola il colera.
«Scoprire l'origine dell'epidemia è sicuramente importante» ci dice Chantal Umutoni, esperto in emergenze sanitarie per l'UNICEF. «Ma a questo punto, dato il tasso di espansione dell'infezione, la cosa principale da fare è dare una risposta efficace, isolando e curando le persone già colpite e sensibilizzando le comunità su come evitare di contrarre la malattia.»
I team dell’UNICEF e di altre agenzie umanitarie stanno effettuando controlli negli ospedali delle aree lambite dal fiume Artibonite, con l'obiettivo di stimare con precisione l'impatto che l'epidemia sta avendo sulle strutture sanitarie esistenti.
«Dobbiamo capire esattamente quanti casi di colera ci sono, quanti ne possono sopportare i centri sanitari locali e di quanti aiuti c'è bisogno per fronteggiare la crisi» prosegue il dottor Umutoni. «Solo con questi dati potremo intervenire in maniera ottimale.»
La salvezza affidata alle flebo
Le sorelle Val Voyalant, 10 anni, e Cledna, 3 anni, vivono nella piccola comunità di Pisto, vicino al fiume. Sono state portate a Claire Heureuse dalla madre, Francina Davariste.
Le due bambine sono stese su una barella e sembrano tranquille. Le flebo attaccate alle braccia le alimentano con una soluzione salina concentrata. Mamma Francina usa un panno umido per detergere amorevolmente il sudore dai loro volti.
«Non mi allontano mai da loro» ci dice. «La più piccola vomita. È molto malata.»
Francina ha lasciato altri quattro figli dai parenti al villaggio. Un altro figlio, di sette anni, è ricoverato all'ospedale Saint Nicolas, a Saint-Marc. Anche lui è affetto da colera. Francina prega che stia bene, ma non può andare da lui,
All'Ospedale Generale di L'Estere, a 14 km da Dessaline, ai quattro medici haitiani si sono affiancati sei dottori inviati da Cuba. Definire di fortuna la struttura in cui operano è un eufemismo. I malati sono stesi tra sacchi di cemento, secchi, pale e mattoni da costruzione, tracce dei lavori di ampliamento della clinica interrotti per via dell'epidemia.
Anche qui i ricoveri sono in aumento, molte decine al giorno.
L'Estere è uno dei 5 maggiori centri sanitari, quelli la cui capacità sarà potenziata a seguito della decisione presa dal Ministero della Salute haitiano e dalle organizzazioni partner, tra cui l'UNICEF. Alle strutture minori nei dintorni verranno indirizzati soltanto i casi più lievi.
L'UNICEF sta coordinando l'azione delle altre organizzazioni, distribuendo grandi quantitativi di sostanze chimiche per la potabilizzazione dell'acqua, kit per la terapia della diarrea acuta, sali per la reidratazione orale.