Intervista a Daniela Fiorentino, fundraiser per l’UNICEF in Ghana da novembre 2019

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15/06/2021

Ho tatuato il nome dell’UNICEF sul mio cuore il 12 novembre di 13 anni fa. Attualmente lavoro per l’UNICEF in Ghana e il mio ruolo è coordinare la raccolta fondi a sostegno dei programmi che l’ufficio promuove sul campo.  

Prima di approdare nella costa d’oro, ho lavorato con il meraviglioso team dell’UNICEF Italia dove insieme a straordinari donatori ho avuto l’onore di raggiungere traguardi importanti per tante bambine e bambini nel mondo: dall’eliminazione del tetano materno e neonatale in 11 paesi grazie a P&G, al sostegno ai bambini coinvolti in situazioni di emergenza grazie a Garnier. 

A proposito di emergenza. La tua partenza per il Ghana ha coinciso con la diffusione del COVID-19, come hai affrontato questa nuova e inaspettata situazione?

Confesso che quando ho accettato l’incarico in Ghana non mi sarei mai immaginata di svegliarmi un giorno di marzo nel secondo paese con il numero più alto di casi COVID in Africa centro-occidentale. È successo, come ovunque, tutto velocemente.

Ero appena arrivata in Ghana e dopo due mesi mi sono trovata in quarantena, da sola, nella mia stanza d’albergo, dove sono rimasta per oltre 30 giorni. Il mio lockdown è stato più lungo rispetto ad altri colleghi perché, proprio qualche giorno prima che venisse dichiarata la pandemia, avevo partecipato a un workshop dove era stato registrato uno dei primi casi di COVID-19 del paese. 

La situazione stava precipitando in tutto il mondo. Dall’Italia arrivavano notizie drammatiche e non potevo non pensare a cosa sarebbe potuto accadere in un paese, come il Ghana, dove il sistema sanitario è completamente carente.

Ricordo che misuravo la febbre ogni giorno (come raccomandato del centro di monitoraggio del Ghana Health Service); poi ho cominciato ad avvertire alcuni sintomi e così il servizio sanitario nazionale mi ha messo in lista per il test. Quel giorno non lo scorderò mai.  

Good morning Madame! Così hanno esordito i due paramedici incaricati di eseguire il mio test. Dopo aver osservato tutte le procedure (tuta, guanti, mascherine), dalla magica cold-box dell’UNICEF (borsa termica usata per mantenere i vaccini a basse temperature affinché non perdano di efficacia) hanno preso il kit ed eseguito il test con cura e professionalità. Io non riuscivo a smettere di fissare quella scatola. Mi faceva un certo effetto. Per la prima volta ero io tra i beneficiari degli interventi dell’UNICEF. Il mio ego di donatore regolare dell’UNICEF batteva all’impazzata. Fortunatamente il test è risultato negativo.

Quali sono state le azioni prioritarie dell’UNICEF per rispondere all’emergenza COVID-19 in Ghana?

Grazie al generoso contributo dei donatori abbiamo garantito l’accesso all’educazione a oltre otto milioni di bambini, nonostante la chiusura delle scuole. In collaborazione con il Ministero dell’Istruzione abbiamo messo in piedi un programma di radio learning. In paesi come il Ghana, infatti, internet non arriva ovunque e anche dove arriva la connessione, non tutti possono accedervi. La radio invece arriva ovunque, dagli orfanotrofi ai piccoli villaggi rurali. Perché l’UNICEF arriva ovunque, fino all’ultimo bambino. L’ho visto con i miei occhi!

Il Ghana è stato tra i primi paesi in Africa a ricevere i vaccini grazie alla campagna COVAX. Com’è oggi la situazione nel paese?

A marzo 2021 il Ghana è stato il primo paese africano a ricevere i vaccini. L’arrivo dei vaccini all’aeroporto di Accra è stato un importante traguardo e allo stesso tempo ha portato con sé nuove sfide.  

La catena del freddo in Ghana è estremamente fragile e l’obiettivo di vaccinare 21 milioni di persone è minacciata dalle resistenze e credenze culturali. 

Inoltre, la pandemia ha esposto milioni di bambini a violenza e abusi rischiando così di compromettere la loro infanzia e il loro futuro. Il fenomeno dei matrimoni precoci è una piaga che continua ad affliggere il paese e ha registrato tassi di crescita preoccupanti in questi mesi, per questo una delle priorità è quella di garantire un ritorno a scuola in sicurezza per tutti.

Un’ultima domanda. Andando indietro nel tempo, quale era il tuo sogno da bambina?

Un sogno poco ambizioso… da bambina volevo diventare Presidente della Repubblica o meglio avrei voluto essere il primo Presidente delle Repubblica Italiana donna. Purtroppo (o per fortuna), gli eventi mi hanno portata altrove ma mi piace pensare che presidente o no stia giocando la mia parte per un mondo più equo e, credetemi, c’è spazio per tutti! 

15/06/2021

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