“Pensavo fosse arrivata la fine per me”. Jean, 9 anni è scampato alla violenza scoppiata ad Haiti
5 minuti di lettura
“Era un quartiere molto tranquillo” dice Jean *, 9 anni, mentre ricorda come era la sua vita nel quartiere di Savane Pistache, nella capitale Port-au-Prince. “Potevo andare a scuola. Potevo andare dal dottore se mi sentivo male. Potevo giocare con i miei amici. E mangiare ogni volta che volevo.”
“Poi, da un momento all’altro, tutto è cambiato”.
Jean racconta che stava giocando con alcuni amici nei pressi di casa sua, quando ha sentito dei rumori molto forti. Erano spari? No di certo, non così vicini a casa. Ma i rumori si facevano sempre più vicini, quindi ha deciso di correre verso casa per vedere cosa stava succedendo.
“Ho visto il fumo che saliva in alto, verso il cielo. Le case del quartiere erano in fiamme” racconta. “L’unica via di fuga per noi era l’uscita sul retro. È successo tutto così in fretta. Non abbiamo avuto il tempo di prendere niente”.
Storie come quella di Jean sono diventate tragicamente comuni negli ultimi mesi, da quando la violenza armata si è abbattuta Port-au-Prince, coinvolgendo il distretto di Artibonite ed altre aree e costringendo migliaia di bambini e le loro famiglie a fuggire in cerca di sicurezza.
Abbiamo visto le persone a cui avevano sparato
“Non appena abbiamo lasciato la zona, abbiamo visto le persone a cui avevano sparato, sdraiate per terra, ricoperte di sangue. Eravamo in mezzo alla strada e non sapevamo cosa fare” racconta Jean.
“Per allontanarci dal pericolo, abbiamo trovato un posto su una collina. Abbiamo passato la notte lì ma non siamo riusciti a chiudere occhio”.
Il giorno dopo, Jean e la sua famiglia hanno continuato a muoversi, nonostante non sapessero dove andare. “C’erano tante persone nella nostra stessa situazione. Vedere tutta questa gente con le valigie e le loro cose scappare di casa è stato molto strano” dice Jean.
I primi mesi del 2024 sono stati segnati da un significativo peggioramento delle condizioni di sicurezza per le famiglie, innescato da un’impennata di proteste e dimostrazioni in tutto il paese.
L’escalation di violenza armata ha trasformato i parchi giochi, le scuole, e le case dei bambini in zone di guerra in molte zone di Porte-au-Prince. Anche la consegna di aiuti è stata limitata: questo sta avendo un impatto devastante sui circa 5,5 milioni di haitiani che avranno bisogno di assistenza umanitaria e protezione nel 2024.
Andavo in giro per le strade scalzo. Affamato e assetato. Pensavo sarebbe stata la fine.
Jean, 9 anni
La famiglia deve separarsi
La famiglia di Jean ha trovato un rifugio, ma era troppo affollato per loro, così hanno continuato a cercare un posto sicuro dove poter riposare. Alla fine sono riusciti a trovarne un altro, ma non c’era posto per tutti.
“È stata molto dura” racconta il bambino. “È stato difficile vedere mio padre, mio fratello maggiore e mio zio andare via, per cercare un altro rifugio. Io sono rimasto con mia madre, le mie sorelle, mia nonna e mia zia”.
Per fortuna, non c’è voluto molto per trovare un altro posto per il resto della famiglia. Pochi giorni dopo però, hanno ricevuto una terribile notizia: il padre di Jean era tornato nel loro quartiere per cercare di recuperare alcuni degli effetti personali della famiglia, solo per scoprire che la loro casa era stata distrutta. Alla famiglia non è rimasto nulla.
“Mi ha detto che la casa e perfino la mia scuola sono stati rasi al suolo dai banditi”
Uno spazio sicuro
Decine di migliaia di bambini di Haiti stanno vivendo esperienze terribili, che nessun bambino dovrebbe mai affrontare: la paura di essere separati dai propri genitori, camminare per le strade ricoperte di cadaveri, vedere la propria scuola bruciata e correre il rischio di essere assaliti o uccisi mentre si è alla ricerca di un posto sicuro in cui rifugiarsi.
Data questa situazione, l'UNICEF e il partner locale APADEH stanno creando spazi a misura di bambino, anche attraverso squadre mobili, per farli svagare ed aiutarli ad affrontare le loro recenti esperienze, restituendo loro una parvenza di normalità. Jean dice di essere triste perché non può vedere tutti i giorni suo padre e suo fratello maggiore e perché non può andare a scuola.
"Non mangio e non dormo bene. Continuo a pensare ai miei amici. Dormiamo in questo posto, ma le condizioni non sono buone", dice. "Però mi piace partecipare alle attività e ai giochi organizzati nel campo. Imparo cose nuove e faccio nuove amicizie".
Ma i bambini di Haiti hanno bisogno di una pace duratura che li faccia tornare alle loro comunità, alle loro scuole e alle vite che sono state messe in pausa mentre cercano di stare al sicuro.
Per saperne di più sull'emergenza Haiti, leggi l'ultimo comunicato stampa.
* Jean è un nome di fantasia, per tutelare l'identità del ragazzo.