UNIMIX: tutta farina del nostro sacco!

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07/10/2010

di Patrizia Paternò

È come un giorno di festa per la comunità di Elabered: nel locale Centro sanitario c’è l’appuntamento mensile per la distribuzione di sacchi di UNIMIX, una speciale farina di mais e soia arricchita di vitamine e zucchero che viene cotta in un po' d'acqua ed è particolarmente adatta ai bambini più piccoli per combattere la malnutrizione.

Oltre alla consueta fila per le visite ambulatoriali, ci sono molte donne con i loro figli che aspettano il proprio turno per ritirare i sacchi di farina. I bambini giocano, aiutano le mamme a dividere la farina con altre donne, prendono delle manciate di UNIMIX dai sacchi e lo assaggiano.
Ogni sacco contiene 25 kg e copre la necessità di tre persone per un mese. È per questo che nel cortile del centro sanitario c’è tanto trambusto: chi ha diritto a uno o due terzi del sacco deve dividere il resto con altri che a loro volta possono disporre solo di una parte di UNIMIX.

Il circolo virtuoso della salute di mamme e bambini

A causa dell’aumentare della malnutrizione, tra il 2009 e il 2010 l’UNICEF ha avviato un programma semestrale di fornitura di questo cibo supplementare, che viene distribuito grazie al Ministero della Sanità attraverso i Centri sanitari.

Il programma è diretto a tre fasce di popolazione particolarmente a rischio: bambini sotto i 5 anni, donne in gravidanza e donne che allattano. Sebbene sia stata originariamente pianificata una copertura del 75%, si è riusciti a ottenere un risultato migliore con una percentuale dell’80-90% delle persone.
L’ospedale di Elabered raggiunge 2.672 bambini e madri ed è finanziato dall’UNICEF, che sostiene questo programma in quattro delle sei regioni del paese per un periodo di sei mesi. L’efficacia della distribuzione di UNIMIX per combattere la malnutrizione ha spinto il direttore sanitario della regione a richiedere l’estensione a nove mesi ma il problema da affrontare è come reperire i fondi necessari.

Il direttore dell’Ospedale di Elabered, Alazar Haile, è entusiasta di come stanno andando le cose perché sostiene che questo programma abbia innescato un circolo virtuoso: ha infatti aumentato il numero di donne che si sottopongono alle cure in ospedale durante la gravidanza. Oggi circa il 60-70% delle madri della comunità partorisce lì. Inoltre le donne che si sottopongono ai controlli ricevono consulenze sull’HIV e possono fare il test.

La buona notizia è che su 240 donne sottoposte a test, nei primi sei mesi di gravidanza, solo una è risultata sieropositiva.
La validità del programma di “distribuzione a tappeto” di cibo supplementare è visibile e tangibile anche di primo acchito e l’UNICEF ha valutato una cifra aggiuntiva di due milioni di dollari per proseguire il programma nella quattro regioni dove è già stato avviato e di quattro milioni di dollari per realizzarlo nelle due regioni ancora mancanti (Dehbub e Meakel).

07/10/2010

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