I giovani e famiglie migranti e rifugiati. Come puoi attivarti per sostenerli

9 minuti di lettura

27/12/2023

Per i giovani arrivati in Italia soli e per le famiglie migranti e rifugiate ritrovarsi "a casa" nel Paese che li accoglie e ritrovare una nuova "normalità" non è sempre un percorso semplice. Diversi studi dimostrano che la presenza e il supporto di una rete positiva di relazioni informali e formali restano un’importante chiave di inclusione.  

È per questo il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF), insieme ai suoi partners, ha coinvolto tanti privati cittadini e famiglie che hanno facilitato percorsi di inclusione e protezione

Attraverso una proposta di formazione continua e un affiancamento costante in tutte le fasi, l’UNICEF e le organizzazioni partner accompagnano chiunque abbia voglia di mettersi a disposizione per fornire supporto in questo ambito. 

Attualmente, sono quattro le forme di attivazione che possono coinvolgere sia le famiglie che i privati cittadini. 

Per me era una questione di impegno civile. Quando abbiamo saputo che molti ragazzi e ragazze arrivavano da soli dal mare, a pochi chilometri da casa nostra, non ci abbiamo pensato due volte. Questi ragazzi e ragazze devono avere le stesse opportunità dei loro coetanei

Laura racconta come è nato il suo impegno da tutrice con Youssef

Sistema di tutela volontaria

La figura del tutore volontario è stata introdotta dalla Legge 47/2017 (Legge Zampa) e pensata come supporto concreto nei passaggi legali, di inserimento educativo e inclusione sociale. L’UNICEF ha avviato la sperimentazione del modello sin dalle prime fasi in collaborazione con le autorità locali e l’Autorità Garante Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza (AGIA).

I tutori volontari sono comuni cittadini che scelgono di supportare i minori stranieri non accompagnati, rappresentandoli da un punto di vista legale, tutelandone i diritti e promuovendone il benessere psicosociale, garantendo che le loro opinioni siano ascoltate e tenute in considerazione. 

Per diventare tutore volontario bisogna rispondere ad un bando di formazione e selezione per tutori volontari pubblicato dal Garante per l’infanzia e l’adolescenza della propria Regione o Provincia autonoma. Conclusa la formazione e confermata l’idoneità e la disponibilità degli aspiranti tutrici e tutori, questi saranno inseriti nell’elenco istituito presso il Tribunale per i minorenni di riferimento che procederà con la nomina. 

Per i tutori già nominati, il Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia (UNICEF)* ha attivato dei corsi di formazione specialistica nei territori in cui è attivo (Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Calabria e Sicilia). 

Se sei già tutore o tutrice volontario/a ed interessato/a a opportunità di formazione, supporto e orientamento in una delle regioni sopracitate, registrati qui  e sarai ricontattata/o in caso di attivazione di formazioni.

* Titolare del trattamento dei dati è unicamente il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia, National Response dell'Ufficio UNICEF per l'Europa e l'Asia centrale. Dalla fine del 2016 il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) è operativo in Italia con un programma di risposta a favore dei minorenni migranti e rifugiati. 

Affido familiare

Momo oggi ha 22 anni, studia, lavora e da poco è andato a vivere da solo. Nel fine settimana incontra spesso la sua famiglia affidataria, Stefania e Giovanni. Aveva 16 anni quando è stato accolto in famiglia e quella nuova vita è stata fondamentale per il suo percorso. Quella di Momo è solo una delle storie raccolte attraverso “Terreferme”, il progetto di affido familiare di minorenni migranti soli nato nel 2017 dalla collaborazione tra l'UNICEF e il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA).  

Unaltra storia è quella di Ilaria e Adrian, che hanno accolto M., minore afgano di 15 anni, un affido seguito dallUNICEF in collaborazione con Borgo Ragazzi don Bosco. Ilaria e Adrian raccontano le sfide dellaffido di un adolescente e la sorpresa nello scoprire come anche in questo caso il legame nasca e si rafforzi naturalmente trasformando tre persone estranee in una famiglia”. 

Gli affidi familiari appena citati – quelli “a tempo pieno” - sono solo una delle tipologie di affido, previste dalle linee di indirizzo nazionali , ma non la sola possibile. Angela, ad esempio, ha iniziato nel 2021 un percorso di affido part-time con Amadou, arrivato a 15 anni dalla Guinea e sbarcato in Sicilia, dove è stato accolto in un centro di accoglienza. Un legame, il loro, che si è consolidato nel tempo, tanto da portare poi all’evoluzione del percorso in un affido a tempo pieno. 

L’affido è anche un percorso di supporto temporaneo che consente di diventare famiglia e di stabilire profondi legami affettivi. I criteri per diventare famiglia affidataria sono inoltre meno restrittivi dei criteri che regolano l’adozione: anche famiglie monoparentali possono diventare affidatarie.  

Un’altra storia è quella di Paula, tredicenne sudamericana, che prima di incontrare i suoi due papà affidatari è stata cresciuta da amici di famiglia, date le difficoltà dei genitori a fare fronte ai suoi bisogni. A soli 8 anni ha viaggiato con il fratello in Italia per raggiungere la sorella più grande. Oggi Paula vive l’affetto di una famiglia che le ha consentito di avere la vita che sognava, molto impegnata tra scuola, amici e sport. 

Ogni famiglia affidataria e ogni minorenne sono affiancati e supportati  prima e durante tutto il percorso di affido attraverso l’attento lavoro di un’equipe qualificata. 

Chi fosse interessato ad accedere ai percorsi di affido familiare può accedere a maggiori informazioni cliccando sui seguenti link: 

Pilar, Claudio e Isme a casa, mentre ripercorrono i momenti in cui si sono sentiti famiglia dall’inizio del loro affiancamento.

Mentoring

“Avevo bisogno di un punto di riferimento. L'ostacolo principale quando sono arrivato in Italia è stato il senso di solitudine e di isolamento. Nonostante frequentassi una comunità del mio Paese d’origine, mi sentivo ancora straniero” queste le parole di Eric. Arrivato in Italia dal Madagascar a 17 anni e diventato maggiorenne pochi mesi dopo, sentiva di non avere ancora tutti gli strumenti per iniziare un percorso di autonomia.

Alcuni studi dimostrano come la continuità del supporto resti fondamentale nella delicata fase di transizione alla maggiore età. Le normali sfide del percorso di autonomia possono infatti amplificarsi in caso di mancata conoscenza della lingua, del contesto, delle regole e dei processi del Paese ospitante. È su questo principio che si basa Fianco a Fianco”, il percorso di mentoring per giovani migranti e rifugiati/e attivato dall’UNICEF in collaborazione con Refugees Welcome Italia. 

“Spesso si sottovaluta questo aspetto: anche se fondamentali, avere un lavoro e una casa da soli non bastano. I rapporti personali fanno la differenza fra il vivere in un posto e sentire di farne davvero parte”. 

Il percorso permette al singolo individuo di affiancare giovani neomaggiorenni migranti e rifugiati/e nella loro vita quotidiana in Italia, favorendone l'inclusione sociale con un impegno che varia in base alla disponibilità di ognuno/a. 

Anche nel caso dei mentori, gli abbinamenti seguono un percorso di formazione e di avvicinamento reciproco tra mentore e giovane, così da consentire un percorso di conoscenza e di mutuo arricchimento.

Per maggiori informazioni su come diventare mentore, clicca sul link Fianco a Fianco 

Accoglienza in famiglia

A volte anche i nuclei familiari migranti e rifugiati possono avere bisogno di supporto. È il caso, ad esempio, di tante famiglie monoparentali costrette a spostarsi a causa di conflitti e condizioni estreme, che cercano di ricostruire il presente nel Paese d’accoglienza.  

È stato così per Svitlana, una giovane mamma di Kiev, fuggita a seguito dell’inizio della guerra in Ucraina con la figlia Karolina di 10 anni. Claudia non ci ha pensato due volte a offrire il proprio supporto:il suo aiuto è stato fondamentale per consentire a Svitlana e Karolina di ambientarsi in Italia, in un contesto più familiare possibile e, di concentrarsi sulla scuola per la bambina e sulla ricerca di un lavoro per la mamma. 

Lo stesso è successo tra Pilar, Carlo e Isme. "Bisogna essere aperti e tutto viene poi molto naturale" dice Carlo. Pilar sottolinea come questa forma di supporto sia "molto più di un affiancamento, significa diventare famiglia". È d'accordo Isme, che conferma come "basta conoscersi, essere rispettosi l'uno dell'altro, per sentirsi accolti, per sentirsi a casa"

L’appoggio di una famiglia permette di accelerare i processi di inclusione, attraverso la condivisione della rete sociale della famiglia ospitante. Come nel caso dei mentori, l’accoglienza in famiglia segue un processo di formazione e di conoscenza e supporto.   

Per maggiori informazioni sull’accoglienza in famiglia, clicca sul link Refugees Welcome

27/12/2023

News ed Aggiornamenti