Ho conosciuto Parwana un anno fa, era talmente malnutrita che temevo non ce l’avrebbe fatta. Oggi salta, ride e “tormenta” sua madre per arrivare puntuale a scuola

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13/03/2023

Sam Mort è Responsabile Comunicazione e Advocacy per l’UNICEF Afghanistan.
Lo scorso anno, nel suo "Diario dall'Afghanistan" aveva raccontato la storia di Parwana, una bambina gravemente malnutrita.

A un anno di distanza è tornata a trovarla. 
Lo stato di salute di Parwana è visibilmente migliorato, grazie alle cure ricevute dall’UNICEF.

Sam Mort, Responsabile Comunicazione e Advocacy per l’UNICEF Afghanistan, con la piccola Parwana, un anno dopo il trattamento per la malnutrizione ricevuto dall'UNICEF.

Herat, Afghanistan

"Appena mi sono seduta sul pavimento della piccola stanza in cui vive la sua famiglia, Parwana mi è saltata addosso e si è seduta sulle mie ginocchia. Spontaneamente, mi ha gettato un braccio intorno al collo e mi ha abbracciato con un tale calore e affetto che riuscivo a malapena a credere che, solo un anno fa, questa bambina fosse così debole da avere a malapena la forza di alzare la testa e guardarmi. 

Il suo caloroso abbraccio non mi ha distratto, tuttavia, dal fatto che era seduta completamente nell’incavo del mio braccio, come un uccellino.

È molto, molto minuta per la sua età. In termini medici: la sua crescita è rallentata. Questo significa che non solo è la sua altezza è inferiore alla media ma anche che il suo sviluppo fisico e cognitivo sono stati rallentati dalla mancanza di sostanze nutritive.

Era il novembre 2021 quando ho conosciuto Parwana

Mi trovavo in una clinica di Herat, nell’Afghanistan occidentale, seduta con un esperto in nutrizione, quando nella stanza è entrata questa mamma fragile, pallida e ansiosa che portava con sé quello che sembrava essere un grande cappotto rosso.

Abbiamo impiegato qualche secondo per realizzare che dentro quel cappotto c’era una bambina.

Malika l’ha adagiata delicatamente sulla sedia. Non si muoveva. La sua testa era inclinata da un lato, in modo strano, e fissava lo stesso punto del pavimento per tutto il tempo, nonostante provassi a fare del mio meglio per farla sorridere.  

A quattro anni, pesava circa 9 kg

Quando l’esperto in nutrizione ha misurato il diametro del suo braccio, ho pensato a quanto fosse simile, in larghezza, al manico di una scopa. Le prescrissero il Cibo Terapeutico Pronto all’Uso (RUFT), il trattamento UNICEF per i bambini con malnutrizione acuta grave.

Mi chiedevo se non fosse troppo tardi.

Siamo passati a trovare Parwana qualche mese dopo

Dopo quello che era stato un inizio molto promettente, con l’aumento del peso di un chilo, dopo qualche mese la bambina era, purtroppo, ancora più minuta, debole e meno reattiva.

I suoi genitori ci hanno raccontato che soffriva di diarrea, tutti i giorni.

La squadra della clinica mobile supportata dall’UNICEF ha tentato qualsiasi cosa fosse possibile per migliorare la sua salute, poi ha dovuto indirizzarla presso uno specialista che le ha diagnosticato un’intolleranza alla farina.

Era celiaca. Non avrebbe più potuto mangiare il pane. Ma per una famiglia tanto povera, che mangiava pane e beveva tè due volte al giorno, questo fatto costituiva un vero problema.

È stato un sollievo sapere cosa non va in Parwana, così possiamo darle il cibo giusto e vederla guarire.

La reazione di Mohamed, padre di Parwana, alla notizia della celiachia della figlia

Parwana nel 2022, dopo il trattamento contro la malnutrizione

Non riesco a credere che sia la stessa bambina

Oggi, seduta nella stanza scura, con un’unica piccola finestra da cui filtra la luce, non riesco a distogliere lo sguardo dalle guance paffute di Parwana.

Lo scorso anno, in questo stesso periodo, erano come vuote. Ricordo che la sua pelle era così tesa sugli zigomi e la mascella, che temevo si strappasse. Anni di grave malnutrizione e malattie avevano messo a dura prova la bambina.  

Nessuno avrebbe detto che sua sorella Afsana, più alta di lei di quasi 30 centimetri, fosse la più giovane delle due. 

Quando ho chiesto a Parwana quale fosse la cosa più bella dell’essere guarita, lei mi ha sorriso e ha detto “la scuola!”. È in prima classe, insieme ad Afsana: alle bambine piace andare nella scuola di comunità supportata dall’UNICEF, nel campo per sfollati interni, appena fuori da Herat, dove vivono.

Ogni giorno Parwana chiede 'È già l’una del pomeriggio? Andiamo mamma! Non posso fare tardi a scuola!'

Malika, sua madre, sorride mentre racconta questo aneddoto

Parwana e sua sorella (più piccola) Afsana, più alta di lei di quasi 30 centimetri, sorridono. Entrambe amano andare a scuola, nel centro di comunità supportato dall'UNICEF all'interno del campo sfollati.

I desideri di Parwana, i bisogni elementari della sua famiglia

Mentre parlo con lei, Parwana ci interrompe per dire: “Voglio essere alta! Ho bisogno di più cibo e medicine”. 

Quando penso a cosa desiderano i bambini della sua età... bambole, giocattoli, vestiti, dispositivi elettronici... la sua richiesta al confronto sembra così modesta.

Chiedo a suo padre, Mohamed, come si sta preparando per i rigidi mesi invernali (la visita di Sam Mort risale al dicembre scorso). “Non ci stiamo preparando. Non possiamo, non abbiamo i soldi”. 

E se aveste i soldi?

“Comprerei per prima cosa la legna per tenere la famiglia al caldo, poi olio e riso”.

Quando c’era il precedente Governo, Mohamed faceva il poliziotto. Era un lavoro che amava. Era orgoglioso di poter provvedere in modo dignitoso alla sua famiglia. Tutto è cambiato quando i talebani hanno preso il potere, nell’agosto del 2021. Nell'ultimo anno, ha lavorato per un totale di soli tre giorni, in una vicina fattoria di zafferano, per due dollari e mezzo al giorno.

Quindi, di cosa vivono? Fino a questo momento, vivono con i prestiti da parte dei parenti. Ma, mi dice “Non mi daranno altri soldi”.  

Mohamed non ha alcuna prospettiva di lavoro

Malika è particolarmente preoccupata per quello che succederà alla loro bambina più piccola, Rahanna, di soli sei mesi. “Il tempo sta cambiando. La notte fa molto freddo. Dormiamo avvolti nelle coperte, con la bambina tra noi. Ma ho paura”.

Mentre iniziamo a parlare di altro con Mohamed, il traduttore nota che Malika sospira piano: "E’ una vita infelice”.

Sembra molto stanca. Nell’ultima settimana, dal primo mattino fino a tarda sera, lei e Mohamed sono stati a pulire i fiori di zafferano. Questo lavoro complicato e massacrante prevede la delicata rimozione dei tre stimmi gialli di zafferano dal fiore essiccato.

Per circa un grammo di zafferano ricevono meno di 50 centesimi. Impiegano almeno otto ore per guadagnarseli. Eppure, sono grati di avere, sperano, altre due settimane di lavoro dal coltivatore locale di zafferano. Con questi soldi guadagnati duramente, Mohamed dice che comprerà il gas con cui cucinare. La sera, cerca di dare ai bambini riso e verdure da mangiare, ma mentre parla scuote la testa "Non so per quanto tempo."

Per saperne di più sul'azione dell'UNICEF, visita la pagina Emergenza Afghanistan

Malika seduta tra i fiori di zafferano, al momento unica fonte di reddito per la sua famiglia. Siamo nel campo profughi vicino a Herat, Afghanistan

13/03/2023

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