Intervista a Elena Lavezzi, co-founder di UNICEF Italia Next Generation
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Elena Lavezzi, Head of Southern Europe per Revolut e co-founder di UNICEF Italia Next Generation lavora da sempre nel mondo della tecnologia e dell’innovazione, le sue passioni.
Elena, raccontaci come è iniziato tutto questo.
Sono una startupper per vocazione. Lo sono sempre stata, ancor prima che in Italia diventasse di moda parlarne. Per chi come me si laureava in una delle top business schools il percorso era già definito: una grande multinazionale o una banca d’affari. Per me è stato diverso: ho deciso sin da subito di immergermi nel mondo delle start up, considerato da molti miei compagni di studi un vero e proprio salto nel buio.
Così, ho iniziato a lavorare con Uber, negli USA, quando ancora era sconosciuta e insieme ad altri due ragazzi ho aperto sul mercato italiano e nel giro di poco da realtà sconosciuta si è trasformata in un’azienda nota in tutto il mondo… sono andata fino in India per Uber.
Terminata questa mia prima avventura ho deciso di affacciarmi al mondo del fintech (l'industria che unisce due mondi, quello della finanza e quello della tecnologia). Ho quindi iniziato a lavorare con Circle, un’azienda americana leader nel mondo trading degli investimenti di criptovalute, dapprima come General Manager per l’Italia e poi come Director per l’Europa delle attività go-to-market dei prodotti retail, spostandomi a Londra.
E infine, eccomi qui. Nuovamente nella “mia” Milano, responsabile del mercato del sud Europa per Revolut. Revolut rappresenta il benchmark di questa industria, con 13 milioni di utenti in tutto il mondo. Non è una semplice app ma una super-app, che oggi è in grado di rispondere a tutte le esigenze legate al mondo della finanza: dai servizi mainstream (come la gestione del denaro nella propria quotidianità) a quelli di nicchia (come l’investimento in criptovalute).
Ora andiamo un po’ indietro nel tempo, quale era il tuo sogno da bambina?
Come accennavo all’inizio di questa intervista, sono nata startupper. Da piccola, molto piccola, avrò avuto tre anni, mentre i miei amici giocavano con le bambole, le costruzioni e le macchinine, io chiedevo ai miei nonni - che avevano un’azienda - una scrivania, un block-notes, delle penne e qualche timbro. E così passavo i miei momenti di gioco a organizzare la mia scrivania, a timbrare e firmare foglietti su foglietti, creando e gestendo la mia azienda immaginaria. Mi piaceva anche molto stare all’aperto, giocare a calcio. Ho sempre avuto la fortuna di poter fare quello che mi interessava e sono sempre stata incoraggiata a farlo. Adoravo andare a scuola: tornare sui banchi dopo le vacanze estive era per me un bellissimo regalo.
Tornando al presente. I temi e le sfide dell’innovazione e della tecnologia fanno parte della tua vita da sempre. Eppure, ancora oggi per molte ragazze lo studio e le professioni più innovative sono precluse. Ogni tanto qualche unicorno in giro per il mondo si trova ma sono eventi rari; quali sono i tuoi suggerimenti per una ragazza di oggi?
Il contesto in cui viviamo è in rapidissima trasformazione e la pandemia da Covid-19 ha solo accelerato questi cambiamenti.
Sono convinta che adesso, mentre stiamo parlando, da qualche parte nel mondo stia nascendo un’idea che tra qualche anno avrà definito o completamente modificato un’industria. È un momento in cui c’è tantissimo spazio per inventare professioni nuove o entrare in queste aziende nascenti per modellarle, farle proprie.
Avere l’ambizione di far parte di tutto questo è il primo passo.
Poi c’è il coraggio, il coraggio di non seguire dei percorsi standard. La formazione scolastica è sicuramente fondamentale per darti un’apertura mentale e ti permette di presentarti al mondo in una certa maniera, con un bagaglio culturale da mettere a disposizione. Occorre provare ad andare oltre, cogliere tutte le opportunità che la vita ci offre, anche se sembrano slegate, lontane e incoerenti dal nostro percorso. Tutto quello che ho fatto, tutte le persone che ho incontrato, tutte le sensazioni che ho provato a un certo punto della mia vita mi sono “tornate indietro”, mi hanno arricchita e mi hanno rafforzata.
Durante la mia carriera ho avuto la fortuna di incontrare e lavorare con molte donne manager, sono loro che mi hanno mostrato la via. Oggi c’è in atto una grande rivoluzione legata ai temi della diversity inclusion; questo rappresenta un’enorme opportunità per tutte quelle ragazze che vogliono affacciarsi in ambiti di studio e professionali considerati prettamente maschili. Il sentiero è tracciato, occorre trasformalo in una strada percorribile per tutte.
Anche l’indipendenza economica è un aspetto fortemente rilevante. Le ragazze la devono cercare, pretendere, perché rappresenta la nostra libertà.
Infine, il mio ultimo suggerimento è quello di intraprendere carriere scolastiche scientifiche per poi potersi inserire in quegli ambiti professionali ancora oggi poco frequentati dalle ragazze (designer, developer) e tenere sempre le antenne drizzate perché, come detto, stiamo vivendo in un’epoca di cambiamenti veloci e repentini e avremo bisogno di nuove competenze, di nuove energie per cercare nuove professioni e nuovi settori.
Concludiamo con l’ultima startup che hai lanciato, UNICEF Italia Next Generation.
UNICEF Italia Next Generation nasce nel 2018 e insieme ad altri 4 ragazzi ne sono la co-founder.
Mi piace proprio vedere questo progetto come una startup, un nuovo modo di lavorare con le organizzazioni umanitarie internazionali che ci permette di pensare a nuove dinamiche, a mettere sul tavolo in modo snello e flessibile le nostre idee per raggiungere una nuova generazione di sostenitori e per raccontare l’UNICEF con un linguaggio diverso, in linea con i millennials.
Proprio grazie a questo progetto ho avuto l’opportunità di visitare gli Innovation Labs dell’UNICEF in Libano (spazi di apprendimento e avviamento all’imprenditorialità rivolti ai giovani vulnerabili), che Next Gen Italia supporta economicamente.
Un viaggio nel viaggio. Ancora oggi ricordo il freddo, i colori e quell’odore di plastica bruciata per provare a scaldarsi in una giornata di inverno nei campi profughi. E mi ricordo di Rachida, 27 anni, mamma di due figli, incontrata nel Lab organizzato dall’UNICEF all’interno dell’università di Beirut. Ricordo la sua emozione nel raccontarci della sua idea imprenditoriale: una scatola porta gioie. Pensata, studiata, realizzata grazie all’uso di stampanti 3D e venduta sulla base di una semplice ma efficace idea: nonostante le difficoltà, la guerra, la povertà, tutti hanno voglia di fare festa e di farsi dei regali. “L’amore ci sarà sempre, anche per noi siriani” raccontava Rachida e il portagioie è l’idea imprenditoriale di questa certezza.