Una maternità da ricostruire

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22/03/2011

Kenema, mercoledì 2 marzo 2011 - Ci siamo spostati verso il sudest del paese percorrendo tanta strada e attraversando tante vite. Man mano che ci si allontana da Freetown il paesaggio cambia, la natura alterna la terra rossa al verde brillante dietro cui spesso si nascondono capanne di paglia e le strade si riempiono di uomini, donne e bambini che sembra non abbiano altra occupazione che trasportare qualcosa sulle proprie teste, che sia legna, taniche d’acqua o ferraglie.

La nostra seconda giornata in Sierra Leone inizia con uno spostamento da Bo verso il distretto di Kenema. Siamo nella regione orientale del Paese. Ci rechiamo in visita al field office dell’UNICEF dove siamo accolti da William che ci da il benvenuto e ci spiega come funziona l’ufficio e che tipo di attività porta avanti.

L’ufficio è responsabile per i sei distretti sudorientali del paese. Lo staff è composto da quattro specialisti di programma, due autisti e un amministrativo. Un numero di risorse umane esiguo rispetto alle sfide da affrontare.

William ci spiega che nel settore della protezione dell’infanzia le questioni principali da affrontare qui sono gli abusi e le violenze sui bambini, che molto spesso avvengono all’interno delle famiglie, cui si sommano la problematica dello sfruttamento del lavoro minorile e il traffico dei bambini.

Il distretto di Kenema si trova, infatti, ai confini con Liberia e Guinea, un territorio difficilmente controllabile e la cui porosità facilita il rischio di traffico.

Ci muoviamo dall’ufficio per recarci all’ospedale governativo di Kenema, uno dei principali ospedali di riferimento del Paese. All’interno di questo ospedale operano anche una clinica per le cura delle malattie endemiche, quali la malaria e la febbre tifoide, nei bambini sotto i cinque anni e un reparto pediatrico.

La clinica è sostenuta dall’UNICEF attraverso la fornitura di vaccini, la sorveglianza nutrizionale e servizi postnatali. Al nostro arrivo viene improvvisata una sorta di conferenza, in fretta e furia si uniscono due tavoli e si trascinano diverse panche in un capannone, mentre a poca distanza mamme e bambini attendono il loro turno di visita.

Al tavolo delle autorità sono presenti tra gli altri Chief Braima Kargbo, Sindaco di Kenema, William Joanna Smith Presidente del distretto e Margareth Shiaka vicesindaco della città. Tutti sottolineano l’importanza di ricostruire al più presto il reparto di maternità, bruciato il mese scorso.

Sì, perché due settimane fa a causa di un cortocircuito il reparto è andato a fuoco insieme a tutte le attrezzature. Per fortuna nessun paziente ha subito danni. Adesso, tutti i casi che andrebbero ospitati nel reparto maternità sono dislocati in altre ali dell’ospedale, ma la situazione è al limite e l’obiettivo a breve periodo per tutti è avere 200 letti dove poter sistemare le mamme e i neonati.

L’UNICEF, con i fondi di donatori italiani, nel 2005 aveva finanziato il reparto di maternità con l’intento di dotare il maggiore ospedale del distretto di servizi di prima qualità per le donne incinte e di contribuire alla riduzione dell’alto tasso di mortalità materna.

Dopo la visita all’ospedale partiamo per un’ora di strada sterrata e arriviamo al villaggio di Joru. Qui visitiamo un piccolissimo centro sanitario periferico. Nel distretto di Kenema ce ne sono circa 108. Siamo qui perché l’UNICEF sta contribuendo ad estendere a queste strutture la capacità di fornire servizi sanitari primari alle donne e ai bambini.

Il sistema sanitario della Sierra Leone è articolato secondo tre livelli principali: il primo è quello nazionale gestito dal Ministero della Sanità, il secondo è quello distrettuale che fa capo all’ospedale governativo del distretto e il terzo è quello dei centri sanitari periferici, strutture dislocate a livello comunitario che all’interno di ogni distretto fanno capo all’ospedale governativo principale.

Questo terzo livello è quello su cui l’UNICEF ha deciso di investire in maniera maggiore, poiché permette in parte di controbilanciare la difficoltà degli spostamenti verso gli ospedali principali e di portare i servizi sanitari primari alle comunità.  Le madri possono rivolgersi a questi centri per i servizi in gravidanza, di assistenza al parto e per le cure pediatriche dei loro bambini.

Lo staff che incontriamo, composto da un medico e un’infermiera, ci dice che i locali sono piccoli e inadeguati. La vera e propria sala parto si trova in un altro edificio che dista circa 500 metri, messo a disposizione dalla comunità di Joru e gestito dal Ministero della Salute.

Una distanza che complica la situazione delle donne che devono partorire. Il problema in questo villaggio, come in moltissime altre parti del Paese, è anche il difficile collegamento con l’ospedale principale di Kenema a causa della strada dissestata che  richiede mezzi adeguati e che diventa completamente inagibile durante la stagione delle piogge, da maggio a ottobre. Nella stagione secca un’ambulanza per arrivare e rientrare a Kenema ci impiega due ore.

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22/03/2011

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