Giornata Internazionale delle Bambine 2015: il ruolo delle adolescenti nello sviluppo globale

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10/10/2015

11 ottobre 2015 - «Per l’opinione pubblica e l’agenda per lo sviluppo internazionale le adolescenti sono quasi scomparse. Non avere investito in politiche e programmi su misura per loro, le ha rese quasi invisibili.» A dichiararlo è il Presidente dell’UNICEF Italia Giacomo Guerrera, in occasione della Giornata Internazionale delle bambine e delle ragazze, che si celebra oggi in tutto il mondo.

La Giornata, istituita dall'ONU nel 2011, è dedicata quest’anno al ruolo fondamentale che deve essere riconosciuto alle adolescenti (10-19 anni) nella nuova strategia globale per lo sviluppo umano così come definita dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) approvati poche settimane fa dalla comunità internazionale.

 

I numeri della discriminazione

Nel mondo oggi sono quasi 600 milioni le adolescenti tra 10 e 19 anni, con potenzialità illimitate che spesso non possono trovare espressione a causa della discriminazione di genere e della carenza di investimenti nelle politiche sociali mirate ai loro specifici bisogni.

A testimoniarlo sono alcuni dati esemplari.

Si stima che una ragazza su 10, sotto i 20 anni, ha subito qualche forma di abuso sessuale. Ben 84 milioni di adolescenti sposate o vincolate da un'unione formalizzata, subiscono violenza nell'intimità dal proprio partner.

I matrimoni precoci rappresentano una grave minaccia per i diritti di queste giovanissime ragazze. Nel 2012, il 17% delle donne dichiarava di essersi sposata prima dei 19 anni. 

Se questa pratica non verrà contrastata efficacemente nei prossimi anni, le "spose bambine" nel mondo saranno 16,5 milioni nel 2030 e oltre 18 milioni nel 2050. Attualmente esse sono circa 15 milioni.  

La penalizzazione delle ragazze emerge anche dai dati riguardanti l'HIV-AIDS: Sebbene la sindrome negli ultimi anni sia entrata in fase recessiva, le giovanissime continuano a rimanere ai margini di questo progresso. 

Nel mondo in via di sviluppo, un'adolescente tra 15 e 19 anni ha da due a tre volte maggiori probabilità di contrarre l'HIV rispetto a un coetaneo maschio. 

Fra le giovani provenienti dalle famiglie più povere, solo il 17% hanno una conoscenza dell'HIV sufficiente per prevenire il contagio.

E ogni anno 3 milioni di bambine e adolescenti subiscono forme di mutilazione genitale femminile.

L'istruzione è universalmente riconosciuta come la strategia più efficace per rompere il ciclo della povertà e della negazione dei diritti. È dunque fonte di grave preoccupazione che fra gli analfabeti di età compresa tra 15 e 24 anni, nel mondo, il 56% siano ragazze

L'UNESCO calcola che, se non vi saranno accelerazioni nei progressi in corso, l'accesso universale delle bambine alla scuola primaria non avverrà prima del 2086!

Complessivamente, meno del 2% dei fondi per la cooperazione internazionale allo sviluppo sono dedicati a programmi mirati a migliorare la condizione delle adolescenti.
 

La scuola, chiave per lo sviluppo

Tuttavia, le nuove generazioni femminili hanno un immenso potenziale: 

Si stima che oltre metà dello straordinario progresso nella riduzione della mortalità infantile, più che dimezzata dal 1990 a oggi, sia da attribuire all'aumento nel numero medio di anni di scuola completati dalle bambine e dalle ragazze.

Se tutte le bambine completassero il ciclo dell'istruzione primaria, la mortalità materna calerebbe del 66%, salvando la vita di 189.000 donne ogni anno.

Se tutte le ragazze completassero l'istruzione secondaria, il tasso di mortalità infantile nei paesi a medio e basso reddito calerebbe di ben il 49%  e i tassi di malnutrizione cronica segnerebbero una riduzione del 26%. A loro volta, l'incidenza dei matrimoni precoci sarebbe ridotta di due terzi (-64%).

Investire nelle adolescenti è uno dei modi migliori per garantire un futuro più sostenibile. E a beneficiarne sarebbero non solo le stesse protagoniste, ma l'intera società. 

Se infatti si calcola che gli uomini reinvestono all'interno della famiglia e della comunità circa il 30-40% del loro reddito da lavoro, questa quota sale al 90% quando a lavorare sono le donne.
 
 
 
 

10/10/2015

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